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25/03/2013 16:40:48

La libidine della prepotenza. Favola semiseria del tempo nostro

Aveva attraversato tappe molto significative che le avevano dato fama, ulteriore benessere e ricchezza, anche di conoscenze e di amicizie pur se non sempre nelle stesse direzioni e posizioni.

Carattere duttile e particolarmente sensibile al mutare dei tempi e delle cose, Leila era riuscita a far sempre centro anche nei momenti meno favorevoli per una donna, imponendosi per la sua variegata personalità che in ogni momento le consentiva di lasciare una strada per imboccarne un’altra che, pur irta di pericoli, per lei si apriva costantemente in maniera favorevole. Ma poi Leila stanca di attraversare vie ardue e tortuosi sentieri, con necessari rapporti umani e sociali, volle restituire al suo casato, al casato dei Conti, la baronia del suo borgo natio nel quale tornò ricca di successi, di esperienza e di volontà dominante che altrove aveva dovuto condividere non sempre piacevolmente, anzi, spesso, costretta a mettere a dura prova la sua grande capacità di autodeterminarsi.

Battagliera e sicura di sé volle tornare dunque nella sua cittadina-borgo per aiutarla, con le sue doti e le sue virtù, a crescere, a migliorarsi, a centrare obiettivi che altri non avevano saputo né programmare né tentare. E cominciò a far da sola, seguendo le sue idee di forza e di novità, non sempre nel solco della storia passata e presente del suo borgo-città, senza ascoltare consigli neanche volontari e gratuiti, con una meravigliosa forza femminile che ai suoi concittadini apparve  più decisa di sempre, quasi bulldozer a vantaggio di una situazione che bisognava smuovere da tutte le parti in un sistema rivoluzionario che annullasse il passato per costruire un presente nuovo, personalissimo, che a molti apparve a torto, indiscutibile, anzi prepotente. E nacque,  nella Città-borgo la convinzione che la brava Leila dei Conti si fosse lasciata prendere dalla libidine della prepotenza, da quella presunzione del comando io e basta che spesso invade le menti geniali e i cervelli più duttili. Peccato, perché man mano perdette il frutto dei valori conquistati in passato; e l’amore da sempre meritato dei suoi concittadini diede campo, a mano a mano, a sorrisetti e disappunti che si diffusero a macchia d’olio. E non le valse la benedizione sacerdotale e mistica, né la condiscendenza dei ruffiani e dei leccapiedi. E, purtroppo, nel suo cuore Leila non fu più né felice né tanto sicura di sé. Il borgo-città, ingrato e troppo legato al suo passato, la tradiva e la metteva in discussione. Pensò di ritirarsi in convento. Ma poi pensò con più animo al suo casato dei Conti e proseguì nella sua baronia portandosi addosso la taccia di libidine della prepotenza.

Povera Leila! La favola si stemperò in una realtà fagocitata dal tempo.

 

Gioacchino Aldo Ruggieri



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