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18/02/2013 05:02:07

Violenza sessuale, Don Vito Caradonna condannato a due anni di reclusione e al risarcimento dei danni

Questo il commento dell'Avv. Stefano Pellegrino difensore di Caradonna: "Impugneremo la sentenza, perchè considerati gli elementi di prova, secondo la difesa è evidente che il fatto non sussiste. Le gravi contraddizioni in cui è caduto il Lo Cascio (persona offesa) e le ampie discolpe rappresentate dall'Arcivescovo La Piana nel raccontare le richieste non proprio trasparenti del Lo Cascio dimostrano, invece, la non colpevolezza del mio assistito".

13.20 - "Le dichiarazioni di Paolo Lo Cascio (accusatore di Vito Caradonna) non sono chiare e non seguono una logica temporale. Durante il dibattimento è stato lo stesso consulente a confermare le incertezze dell'accusa".

Così ha ricostruito la vicenda giudiziaria l'avvocato Tumbarello che ha sottolineato le moltre incongrunze, secondo la difesa di Caradonna, di  Lo Cascio e ha evidenziato come il racconto dei testi  GiancarloTumbarello e il Vescovo La Piana hanno confermato le dichiarazioni di Caradonna, secondo cui Lo Cascio era solito chiedere dei soldi in ambito ecclesiastico.

 12.55 - La Corte presieduta da Roberto Riggio si è chiusa in camera di consiglio per la sentenza del processo Caradonna. "Chiedo l'assoluzione perchè il fatto non sussiste. Una condanna di Don Vito Caradonna sarebbe un grave errore". Con queste parole l'avvocato. Rosi Tumbarello ha chiuso la sua arringa difensiva.

09,00 - E' attesa per oggi, salvo rinvii, la sentenza del processo a carico di Don Vito Caradonna, il prete di Marsala, oggi a Santa Ninfa, accusato di tentata violenza sessuale.

Nell'ultima udienza ha discusso la parte civile, che ha chiesto un cospicuo risarcimento danni. L’avvocato Gianfranco Zarzana ha, infatti, chiesto che il prete venga condannato anche al pagamento di 75 mila in favore di chi ha sporto la denuncia. Il legale, naturalmente, si è anche associato alla richiesta di pena (3 anni e 2 mesi di reclusione) avanzata a fine novembre dal pubblico ministero Anna Cecilia Sessa.

Dopo l’avvocato Zarzana, è stato il turno di uno dei due legali di don Vito, Stefano Pellegrino, che ha tentato di smontare l’accusa. Oggi  interverrà l’altro difensore, Rosa Tumbarello. Poi, sarà emessa la sentenza..

All'epoca dei fatti, il 2005,  Caradonna era parroco della Chiesa Madre di Marsala.
Caradonna, 38 anni, ex parroco della chiesa di contrada San Leonardo ed ex cappellano del carcere di piazza Castello è accusato dal 35enne P.L.C., che però, durante il processo, è andato qualche volta in contraddizione. Ciò rende incerto l'esito della sentenza. L'ultima volta che P.L.C. ha testimoniato è stato dalla Germania, in videoconferenza (la presunta vittima risiede in una città tedesca e ha detto di non avere i soldi per affrontare il viaggio in Italia per partecipare all'udienza) e ha ribadito il suo racconto: don Vito, sette anni fa, lo invitò in canonica, per prendere un caffè e che mentre era «stordito» (l’uomo ha sempre avuto il sospetto che nel caffè sia stato messo del sonnifero) avrebbe tentato di abusarne sessualmente. «Ad un tratto - ha detto P.L.C. - don Vito mi ha aggredito». Lui, però, è riuscito a divincolarsi e a fuggire. Accuse respinte sempre dalla difesa "non fosse altro - ha detto il legale di Caradonna - che è improbabile che in una sostanza eccitante come il caffè si metta del sonnifero. Piuttosto l'imputato era noto perchè chiedeva denaro ai preti...".
"Non è vero - ha ribattuto P.L.C. - che ho chiesto del denaro per non sporgere denuncia». Nel corso del processo, infatti, è stato ascoltato anche l’allora vescovo di Mazara Calogero La Piana, che in aula ha dichiarato: «Fui avvicinato da un uomo che mi disse di essere stato vittima di un tentativo di violenza sessuale da parte di don Vito Caradonna, ma che era disposto a chiudere la vicenda se indennizzato con una somma di denaro. Non diedi peso a quell’accusa e non feci denuncia». Epoca dei fatti contestati a don Vito - attualmente accusato anche per circonvenzione di incapace in un'inchiesta scaturita da una sua dipendenza da "Gratta e Vinci" - è il febbraio 2005.

ABBANDONO DI INCAPACE. Avrebbero abbandonato l'anziana madre. Una donna di 55 anni, Caterina D'Angelo, e il marito, Vincenzo Alestra, di 64 anni, di Paceco, sono stati rinviati a giudizio ieri con l'accusa di abbandono di incapace. Il provvedimento è stato disposto dal gup Corleo, su richiesta del Pm Trinchillo. Il procedimento scaturisce da un'indagine dei carabinieri. Secondo gli investigatori, la donna e il marito non avrebbero provveduto, come dovuto, alle cure della madre, Maria Scaduto, di 81 anni, incapace, a causa dell'età avanzata e della malattia, di provvedere a se stessa. L'anziana donna è deceduta il 4 aprile di due anni fa a Valderice. L'apertura del processo è prevista il 4 dicembre. Gli imputati sono assistiti dall'avv. Giuseppe Corso.

BANCAROTTA. Colpo di scena, a Marsala, in Tribunale, nel processo per bancarotta fraudolenta che vede alla sbarra Giancarlo Fabbri, Antonio Onorati e Maria Caterina Scaduto. Due testimoni, infatti, non hanno riconosciuto, in aula, l'imputato Onorati. «Non è lui - hanno dichiarato Ignazia Hopps e Claudia Lo Iacono - l'uomo che si presentò come Antonio Onorati». Alla Hopps il presidente Natoli ha ricordato che era sotto giuramento e che se non avesse detto la verità sarebbe andata incontro a conseguenze di natura penale. La Lo Iacono, invece, non ha mostrato alcuna incertezza.
«Questa persona - ha detto - ha più o meno la stessa corporatura di quella che si è presentata come Antonio Onorati, ma non è la stessa persona. Quella aveva i capelli bianchi». L'imputato ha i capelli neri. Non si sa chi era l'uomo che nelle trattative per la cessione di due alberghi degli Hopps si presentò assieme al romano Erasmo Cipriani, già condannato con rito abbreviato a 3 anni e 4 mesi di carcere. L'accusa di bancarotta è scattata dopo il «colpo basso» inferto dal gruppo romano a Fabio Hopps, che, in difficoltà economiche a seguito di guai con la giustizia, decise di vendere due alberghi in cambio dell'azzeramento, ad opera del compratore, dei debiti (circa 5 milioni di euro). La promessa, però, non fu mantenuta dai compratori. Con conseguente dichiarazione di fallimento.
 



Giudiziaria | 2024-07-23 17:32:00
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 Seppur con la riqualificazione di alcuni capi d’imputazione in reati meno gravi, o con l’esclusione di qualche aggravante, il Tribunale di Marsala, ha condannato tutti i sette imputati del processo con rito ordinario scaturito...