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29/01/2013 09:11:38

Lettera a mio cognato Giovanni Stella, che ha vinto la battaglia contro la droga e se ne è andato qualche giorno fa

  Incontrai Giovanni a casa di amici che avevamo in comune. Lui aveva 14 anni ed io 16. Lui era un ragazzo molto calmo e impaurito rispetto ai ragazzi della nostra compagnia, poi, però ecco le prime uscite e subito iniziò a voler essere come noi, impennate, sgommate, cadute, giri a cavallo e incidenti frequenti. Insomma lui per me non era più un amico ma era diventato mio fratello, anzi eravamo tre fratelli: io, Giovanni e Cosimo. Poi io iniziai a frequentare Francesca, la sorella di Giovanni, oggi mia moglie, e Giovanni iniziò a frequentare altre compagnie e ancora oggi mi sembra di averlo tradito…poi avvenne il sorpasso. Quel bambino impaurito diventò più pericoloso e ci sfidava facendosi vedere con ragazzi ancora più pericolosi, ma forse troppo pericolosi. E, infatti, tra un’uscita e l’altra, tra una birra e l’altra, tra uno spinello e l’altro arriva il giorno in cui incontra il diavolo, N., il grosso, che per riuscire a vendere un po’ di droga, prese tutti i ragazzi della compagnia di Giovanni e dopo averli fatti bere li bucò. E da quel momento Giovanni non riuscì più a farne a meno anche perché non poteva dirlo a nessuno tranne che al suo amico diavolo…ma ecco dopo un po’ di tempo si risveglia, e grazie all’aiuto della madre il combattente ce la fa e… crearsi un’impresa e a stravolgere la comunità che l’ha aiutato, migliorandola e facendo lavorare i ragazzi al suo fianco. Dopo aver finito il suo percorso di guarigione all’interno della comunità Giovanni diventa operatore, ma a lui ancora non basta e così decide di combattere l’epatite con la terapia di interferone e riesce a sconfiggere la malattia al 95%. Pochi giorni dopo però inizia a non dormire più, lui però non si arrende e nonostante gli fosse venuta la febbre insiste con la terapia, lui vuole vincere a tutti i costi. Poi la notizia che Giovanni si è rotto la caviglia ed essendo un combattente obbliga tutti ad accompagnarlo nella sua stanza in comunità piuttosto che rimanere in ospedale a ricevere le adeguate cure. Poi arriva la febbre altissima, a 40, ed il combattente inizia ad accasciarsi, ma non basta a sconfiggerlo, lui si rimette in piedi e va all’ospedale combattendo contro la febbre, l’interferone, l’epatite, la caviglia rotta…fin quando improvvisamente arriva un fulminante arresto cardiaco che ci porta via per sempre il nostro grande combattente. Ora sapete chi era!

Antonino Pulizzi



 



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