Il processo si tiene davanti la Corte d’Assise d’Appello di Milano. Assolti in primo grado e condannati all’ergastolo in appello, i due cugini di Paceco dovranno essere nuovamente giudicati, dopo l’annullamento, un anno fa, della sentenza da parte della Cassazione.
Angelo Cottarelli, la sua compagna, Marzenne Topar ed il figlio Luca furono assassinati, il 28 agosto 2006, nella villetta alle porte di Brescia. A questi ultimi due fu sparato in testa e poi recisa la gola con un fendente. L’imprenditore fu lasciato agonizzante: si spense poco dopo durante il viaggio in ambulanza. Alcuni giorni dopo il delitto la polizia fermò un ex faccendiere, Dino Grusovin. L’uomo decise di collaborare e puntò il dito contro i Marino. Rivelò che Cottarelli era da tempo in affari con i due cugini. Sembra che l’imprenditore fosse coinvolto in attività illecite. Grusovin raccontò che Cottarelli doveva dei soldi a Vito e Salvatore Marino. Il 28 agosto i due cugini si sarebbero recati presso la villetta dell’imprenditore insieme con il faccendiere ed un quarto uomo mai identificato. Nel corso dell’incontro sarebbe scoppiata una violenta lite e i Marino avrebbero ucciso l’imprenditore e i familiari. Grusovin sostenne di non avere preso parte al delitto. I due cugini
avrebbero legato lui e il quarto uomo al tavolo della cucina prima di recarsi con le vittime in cantina. Dopo l’assoluzione in primo grado, il 20 febbraio di 4 anni fa,
l’ex faccendiere ha fatto perdere le sue tracce. L’apertura del processo d’appello, prevista ad ottobre, è slittata di sei mesi. Il presidente della Corte d’Assise d’Appello ha rinviato il procedimento al 19 aprile. La data è legata all’esito del processo a carico dei cugini Marino.
La strage è quindi ancora senza colpevoli.
I cugini sono imparentati con un boss del trapanese. Vito è il figlio e Salvatore il nipote, di Girolamo Marino, esponente della mafia perdente, ucciso a metà degli anni ottanta su mandato di Matteo Messina Denaro che stava coi Corleonesi. Ecco perché la Direzione distrettuale antimafia di Brescia, aggiunse al capo d’imputazione per i due siciliani “l’aggravante d’aver commesso i fatti al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa denominata ‘Cosa Nostra’ “.
Gli imputati, in primo grado, vennero assolti dalla Corte d’Assise di Brescia. Ma la Procura non si diede per vinta e nel presentare appello rimarcò che per i Marino “il responsabile del crollo di un progetto, di un sogno vissuto anche come un momento di riaffermazione personale, familiare e sociale dopo il brutale assassinio nel 1985 di Girolamo, aveva un solo nome. Angelo Cottarelli”.