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18/01/2013 05:13:40

Demolfer: "Legale la nostra attività". Stalking in Capitaneria a Marsala, chieste cinque condanne

All'udienza sono stati escussi i testi del PM Genova Giuseppe, dipendente dell'agenzia delle Dogane, e il  M.llo della Guardia di Finanza, Rallo Francesco.
Dall'ascolto  di entrambi è sostanzialmente emerso che il cittadino tunisino, residente a Marsala, è stato fermato al momento dei controlli per l'imbarco  per la Tunisia di tre ciclomotori. Lo stesso aveva con se tre fatture di acquisto di ricambi relativi a quei motorini. Nelle fatture era indicato il numero di telaio.
I testi hanno riferito che la ditta Demolfer è comunque autorizzata e legittimata a rivendere i ricambi dei veicoli dopo la cosiddetta demolizione o rottamazione, conseguente alla confisca. La difesa ha sostanzialmente fatto intendere che non può escludersi che l'acquirente, dopo aver acquistato i ricambi dei tre motorini, li abbia poi riassemblati ed abbia così ricomposto i ciclomotori. 

Secondo i difensori la legittimità della condotta dell'imputato appare, peraltro, supportata dal fatto che lo stesso o i  suoi dipendenti avessero emesso regolari fatture con indicazione dei  numeri di telaio e le avessero consegnate all'acquirente, unitamente ai certificati di autorizzazione alla rottamazione. Tali documenti erano in possesso del cittadino tunisino al momento i cui gli sono stati sequestrati i ciclomotori.

STALKING.  La condanna di tutti gli imputati è stata invocata dal pm Sabrina Carmazzi nel processo ai cinque militari della Marina che, a vario titolo, secondo l'accusa, avrebbero fatto vivere un periodo da incubo, durante il servizio svolto alla Capitaneria di porto di Mazara, a una donna con le stellette loro collega, la marsalese Diana Vaccari, di 33 anni, sottocapo di terza classe ruolo truppa.

Tra il 2008 e il 2009, infatti, la Vaccari avrebbe subìto una lunga serie di atti persecutori ad opera del vice comandante della Capitaneria mazarese, il 42enne capitano di fregata Claudio Manganiello (poi promosso comandante della Capitaneria di Termoli), mentre un collega di grado superiore, il capo di prima classe Gianluca Perrone, di 40 anni, avrebbe cercato di abusarne sessualmente durante i turni di servizio notturni (l'avrebbe baciata in bocca contro la sua volontà). Due situazioni distinte che condussero quasi all'esasperazione la giovane, che aveva abbracciato la carriera militare certamente con ben altre aspettative. Dalla sua denuncia è, quindi, scattata un'inchiesta - condotta dalla sezione di pg della Guardia di Finanza della Procura - sfociata nel processo. Di stalking in danno della giovane militare, nonche' di abuso d'ufficio e omissione di denuncia, è accusato il capitano di fregata Claudio Manganiello, di 42 anni, per il quale il pm ha chiesto la condanna a un anno e 4 mesi di carcere più 3 mesi di reclusione militare. L'ufficiale avrebbe sottoposto la Vaccari (adesso in servizio a Marsala, sua città natale) ad una serie di atti persecutori, richiamandola «brutalmente» alla presenza di altri militari, sovraccarindola di servizi, anche con mansioni non d'ufficio, sottoponendola a procedimenti disciplinari e sanzionandola per fatti di scarso rilievo (inflitti anche 15 giorni di «cella di rigore») e impedendole persino di consumare la pizza alla mensa della Capitaneria e fare break in compagnia di colleghi. Per Perrone, invece, è stata invocata la condanna a un anno e 9 mesi di carcere più un anno di reclusione militare. Otto mesi ciascuno sono stati chiesti per i marescialli Gualtiero Migliorini, di 46 anni, e Concetto Cappuccio, di 47, accusati di omessa denuncia, nonché di avere cercato di convincere la presunta vittima a rimettere la querela per atti persecutori contro il vice comandante Manganiello. Una multa di 300 euro, infine, è stata chiesta per il maresciallo Alberto Urso, di 55 anni, imputato per omessa denuncia. Parte civile sono Diana Vaccari, assistita dall'avvocato Giampaolo Agate, e i suoi familiari, rappresentanti da Giacomo Frazzitta. «C'è un grande assente in questo processo - ha affermato quest'ultimo - è la Marina militare, che doveva essere al fianco della vittima». 

 

 



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