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17/01/2013 16:25:40

Libera ricorda Giangiacomo Ciaccio Montalto

a 30 anni esatti dal suo barbaro omicidio voluto, organizzato ed eseguito dalla mafia. “Libera – dice il referente del presidio di Trapani Gisella Mammo Zagarella – si apprestava già a ricordare con una iniziativa il magistrato ucciso, come avviene da qualche anno nostro riferimento era già la scuola dedicata al magistrato, ci siamo subito incontrati sulla stessa strada di impegno con il preside Porracchio che già con entusiasmo aveva attivato le proprie insegnanti, è stato un felice ritrovarsi insieme”.

Il programma in linea di massima è già organizzato, tra i presenti ci sarà il giornalista Salvatore Cusimano uno degli inviati più importanti che la Rai ha avuto in Sicilia, che ha seguito le cronache siciliane anche nei momenti più bui e tristi, custode di un patrimonio di conoscenza giornalistica importante e che
oggi è il direttore della sede Rai della Sicilia. Con lui il preside Dario Trentacoste, amico di Ciaccio Montalto, e ancora l’ex presidente dei Tribunali di Trapani e marsala, il giudice Mario D’Angelo, collega di Gian Giacomo Ciaccio Montalto. Prevista la proiezione di filmati, mentre gli studenti discuteranno con i loro ospiti. Attese poi sono anche le figlie del magistrato ucciso che tornano in Sicilia dopo anni e anni di lunga assenza. “Sono 30 anni da quel delitto – dice Salvatore Inguì coordinatore provinciale di Libera – ma sembra ieri, per non dire sembra oggi. I pericoli che quel giudice denunciava sono ancora presenti, la mafia non è battuta ma
si è infiltrata meglio nel tessuto sociale.

C’è una differenza rispetto a quegli anni che la società civile non tutta ma in gran parte è oggi presente, e le celebrazioni del prossimo 25 gennaio dimostreranno che è così e che non poteva essere altrimenti. Consegneremo la memoria di Gian Giacomo Ciaccio Montalto ai giovani dopo che la sua memoria professionale nel tempo è stata consegnata ad altri magistrati e giudici,
oggi finalmente arriva la società civile e accoglieremo a braccia aperte quelle tre bambine diventate donne e mamme che non sono potute crescere con il loro padre come era giusto che fosse per colpa della mano assassina mafiosa che in 30 anni è riuscita quasi a celarsi a non farsi vedere, a fare dimenticare un
omicidio che non merita di essere”.



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