Attorno a Bilardello avrebbero gravitato Pietro De Vita, di 49 anni, Elisa Conticelli Ottoveggio, di 53, il mazarese Bartolomeo Pacetto, di 51, all'epoca direttore dell'agenzia di Petrosino della Banca Popolare di Lodi, Giuseppa Errante Parrino, di 50 anni, commerciante, Nicolò Salvo, di 48, entrambi di Castelvetrano, e Giuseppe Burzotta, di 62, di Mazara. A difenderli sono gli avvocati Paolo Paladino, Massimo Mattozzi, Vincenzo Bonanno e Giovanni Lentini. I reati contestati sono quelli di usura ed esercizio abusivo dell'attività finanziaria. Bilardello, De Vita, Pacetto e Conticelli sono, inoltre, accusati anche di associazione per delinquere. I tassi d'interesse praticati sarebbero stati, in alcuni casi, di oltre il 450 per cento annuo. L'operazione, nel giugno di tre anni fa, sfociò anche nel sequestro della «Autoricambi di Bilardello Giacomo», di quote (per oltre 100 mila euro) di due società dello stesso commerciante e di beni immobili per un valore di oltre 300 mila euro. Vittime dei prestiti a «strozzo» sarebbero stati piccoli commercianti, agricoltori e altri normali cittadini. Parti civili sono una dozzina di presunte vittime e la locale Associazione antiracket e antiusura.
FALSO E TRUFFA. E' cominciato a Marsala il processo a carico di Rodolfo Accardi, 39enne, titoalre della Demolfer, azienda marsalese operante nel settore delle demolizioni. Secondo l'accusa, doveva demolire i ciclomotori confiscati dall’autorità giudiziaria, ma invece stava per venderli sul mercato nordafricano, tanto che fu bloccato dalla Guardia di Finanza mentre stava caricando i mezzi sul traghetto per tunisi. Tra i testi chiamati a deporre in Tribunale, anche il maresciallo delle Fiamme Gialle Francesco Rallo, che ha svolto l’indagine. Quattro i ciclomotori che stavano per prendere la via del nord Africa. Un traffico che lo sfasciacarrozze
avrebbe gestito assieme a un cittadino marocchino.
GUERRA TRA ENOTECHE. C’è un’altra appendice giudiziaria al processo che ha visto il 71enne commerciante marsalese Michele Scaturro condannato a 4 anni, 8 mesi e 20 giorni di carcere (pena patteggiata) per il tentato omicidio del 42enne Francesco Giacalone, dipendente dell’Enoteca «Luminario ». Era il 18 Aprile del 2009, e quell'episodio fu l'epicolo di una guerra tra le due enoteche concorrenti vicino al Baglio Anselmi. Adesso, sotto processo, per tentate lesioni e minacce, c’è Antonio Scaturro, 46 anni, figlio di Michele. Parte offesa è sempre Giacalone, assistito dall’avvocato Salvatore Fratelli.
Secondo l’accusa, a precedere gli spari, nella mattinata del 18 aprile, Giacalone si stava recando in auto verso l’imbarcadero di Mozia, ma prima di arrivare, incrociò Antonio Scaturro, che gli fece segno di fermarsi. Appena Giacalone scese dall’auto, Scaturro gli puntò contro una balestra, scoccando un dardo che non colse l’obiettivo, ma perforò la tuta indossata da Giacalone. Poi, fuggendo,o Scaturro avrebbe mostrato un coltello affermando: «Ti tagghio i cannarozzi». In aula,
Scaturro ha ammesso di aver scagliato un dardo, ma accidentalmente. L’imputato ha negato di aver mostrato il coltello.