Della giovinezza trascorsa in questa città, noi che i vent’anni li abbiamo superati da almeno trenta, parliamo spesso in termini eroici.
Beh, ad onor del vero, non facevamo poi così tanti sacrifici. Forse, però, non c’erano magari così tante comodità come adesso.
Gli appassionati di sport, per esempio, potevano contare su … campi sterrati, scarpe primordiali, palloni sparuti, docce improbabili.
Ma, per fortuna, c'era l'Acli dei fratelli Conticelli. Vito era meticoloso organizzatore: lo ha fatto per mezzo secolo, ogni giorno inventando una storia sportiva attorno ad una bandiera di cristianesimo e giustizia sociale. Andrea ha allenato due/tre intere generazioni di muscoli e fatiche, di cronometri e asticelle, di entusiasmi e risultati. Grazie a loro, siamo cresciuti a pane e corse, indossando tute fiammanti che recavano orgogliosamente il nome di questa comunità lilibetana.
Dai cassetti della mia scrivania – amorevolmente rovistati durante queste festività – riemerge ora una vecchia foto: testimonia la prima vittoria dei campionati nazionali di atletica juniores, su una pista partenopea nell’autunno di quarant’anni fa. Col giubbotto rosso sopra la tuta azzurra, brandivo – nel giro d’onore – la coppa appena conquistata da un manipolo, in corsa, di ragazzi con la felicità stampata in faccia. Profumava quel sudore ed eravamo sostenuti dalla certezza che quel fiato non sarebbe finito mai. E che avremmo conseguito numerosi altri traguardi.
Vito è scomparso, pochi mesi addietro.
La solitudine che lui avrà sentito addosso, intristisce il presente di quanti ostinatamente non smetteremo di correre. Mai.