Li abbiamo lasciati in viaggio, venti giorni fa: dall`Ospedale pediatrico Giovanni Di Cristina di Palermo agli Spedali Civili di Brescia per la prima somministrazione di cellule staminali. Li abbiamo ritrovati oggi, pieni di fiducia: “Dopo tre giorni – racconta felice a Tgcom24 Rosario Genova, il papà del piccolo – abbiamo notato che Gioele strofinava le gambe e muoveva un alluce”. Una gioia che ti spiazza, una fede che non si può capire. Sembra poco, ma è moltissimo per un bimbo completamente paralizzato. E i suoi genitori lo sanno. L’ultima volta che ci siamo sentiti eravate in viaggio verso Brescia, per la prima somministrazione di cellule staminali a Gioele. Com’è andata? “All`inizio è stato un incubo – ci spiega il suo papà - Gioele è stato malissimo, ha preso un virus polmonare e ha rischiato di morire. Il viaggio un incubo: nonostante l’ossigeno aveva di continuo crisi respiratorie. Ha anche smesso di respirare, abbiamo temuto il peggio. Sono stati 15 giorni d’inferno. Per fortuna poi le sue condizioni sono migliorate e ha potuto fare la prima infusione”. E avete notato qualcosa? “Sì. Dopo tre giorni durante una crisi di pianto Gioele ha strofinato le gambe. Per un bimbo paralizzato è tantissimo. Io l’ho notato ma non l’ho detto a nessuno, non volevo mi scambiassero per un matto che aveva avuto allucinazioni. Nemmeno a mia moglie ho detto niente. E’ stata lei a chiedermi se avevo notato qualcosa e anche lei, come me, non aveva il coraggio di dirlo”. Tra quanto tempo la prossima infusione? “Tra due mesi. Aspettiamo fiduciosi sperando che il viaggio non sia così traumatico come quello dell’andata. Anche se, sarà un caso, ma dopo il trattamento il ritorno è stato molto più tranquillo per Gioele. Nessuna crisi respiratoria, era più lucido”. Ma non c’è modo di evitare almeno questo stress al piccolo? “Purtroppo no. Per fare quel trattamento serve un laboratorio adeguato e per ora l’unica struttura in tutta Italia è lì a Brescia. Se almeno ce ne fosse qualcun’altra, almeno un una in Sicilia e un’altra al centro sarebbe già un successo. Ma la burocrazia blocca tutto, come sempre”. La storia di Gioele, la vostra battaglia, è piena di amore e di coraggio. Avete avuto qualche manifestazione di solidarietà da parte della società, delle istituzioni? “Niente in particolare. Abbiamo preso contatti con altre famiglie che vivono il nostro stesso problema. Possiamo dare qualche consiglio. Mi auguro che la nostra battaglia renda il loro percorso più semplice”. E il vostro percorso com’è? E’ questa la strada giusta? “E’ l’unica strada per noi. Ci crediamo soprattutto perché ci credono i nostri medici. Il professor Vannoni si entusiasma quanto noi e si vede che lo fa solo dal punto di vista umano. Non specula, non gli interessa la notorietà, ma solo la salute di Gioele, per questo merita fiducia”. Purtroppo non tutti la pensano così… “La nostra è una dura battaglia, lo sappiamo. Siamo pronti a incassare e a reagire. Ma di certo non ci fermeremo”