Nel deserto visse la desolazione del
rifiuto, lo sdegno e l’opposizione
dell’antagonista di sempre.
Screditato da governanti, sacerdoti
e laici si escluse dalle tradizioni
religiose che innalzavano
la legge al di sopra dell’uomo.
Pregò sul monte, fra gli ulivi secolari,
immerso nel tempo, ma lontano dal Tempio.
Subì l’umiliazione del tradimento,
dell’abbandono dei suoi, le calunnie
di processi ingiusti e sommari.
Fu tacciato di blasfemia, di farsi Dio,
lui che per tutti era “ l’uomo della Galilea “.
Battuto, ingiuriato, calpestato, deriso,
soffrì, sul proprio fragile corpo, l’ingiustizia
di una condanna non dovuta, senza
proferire parola.
Affrontò la via dolorosa del Calvario
sotto il peso di una grande croce,
incoronato di spine come l’ultimo dei re,
sconfitto e disprezzato da tutti.
Fuori le mura della santa, amata
città fu inchiodato al legno
dei maledetti: preda inerme degli
ultimi oltraggi di lingue malevoli, di
rapaci dai becchi adunchi.
Morì con la convinzione di aver
adempiuto il mandato del
Cristo, il Salvatore del mondo.
Neanche la morte riuscì a trattenerlo;
lo Sheol lo rigettò il terzo giorno.
Risuscitò con gloria ma fu accolto e
creduto da pochi.
Ancora oggi solo pochi uomini di
buona volontà lo accolgono.
L’escluso da tutti i luoghi e da ogni
tempo vive l’eternità nei cuori
di quei pochi che lo ricevono con gioia,
di quelli che sono riusciti a
trasformare la propria “ maleodorante
greppia “ in un luogo di culto.
Dicembre 2012 – Pina Giacalone Teresi