Mentre le forze non tanto occulte, che la vorrebbero consegnare definitivamente nelle mani della speculazione privata, non sembrano volere demordere. Stiamo parlando dell’acqua. Il bene prezioso che comincia a scarseggiare in gran parte del pianeta. Paradossalmente e sacrilegamente però è oggetto di spreco nel nostro Paese Italia. Con maggiore virulenza in questa Isola. In questa zona poi, la provincia dei dissalatori, dopo averla resa potabile la facciamo andare nelle fogne o scorrere in rigagnoli per le strade. Con il triste risultato di avere i rubinetti asciutti e le strade allagate. E Salemi non fa eccezione, pur essendo stata privilegiata da madre natura con la presenza di copiosi bacini idrici. Acqua bene inalienabile, ricchezza dell’umanità, sostanza vitale in tutto il mondo.Tutte parole bellissime, ma dall’amaro sapore dell’ utopia. Senza essere falsamente portatore di valori religiosi, a cui anche un buon laico deve pensare a vivere considerando la sacralità della vita di tutti e per tutti, diciamo con estrema franchezza che il tutto ci indigna non poco. Non ci sono attenuanti che tengano. Il diritto ad una vita dignitosa dovrebbero essere garantito a tutti, nessuno escluso. Non è tollerabile sapere che l’acqua, in quasi tutte le parti del territorio comunale, arriva nelle case ogni sette/dieci giorni e contemporaneamente vedere molte strade cittadine inondate dal prezioso liquido. Il fenomeno non assume aspetti drammatici grazie al fatto che ormai ogni abitazione si è dotata nel tempo di capienti vasche di raccolta. Dove non è stato possibile realizzarle, come nel centro storico, sono stati installati sui tetti recipienti in plastica che esteticamente non sono certamente un bel vedere. I punti del territorio comunale dove l’acqua fuoriesce a fiotti dalla condotta idrica sono numerosissimi. Si calcola, una settantina circa . Una rete idrica che, è il caso di dirlo, fa acqua da tutte le parti, ma non dai rubinetti di casa. Non è solo un fenomeno locale, si dirà. Già. Ma non tanto da costituirci un alibi. In effetti uno studio del Consiglio Nazionale dei geologi ha calcolato che per colpa degli acquedotti “colabrodo”, l’Italia perde 3 miliardi di euro l’anno. L’allarme arriva dal dei geologi precisa che “le perdite della rete idrica causano un costo industriale stimato in più di 200 milioni di euro annui e un mancato ricavo per il sistema Italia di oltre 3 miliardi all’anno”. La verità è che sugli acquedotti si investe poco o nulla da alcuni decenni. Con il risultato che oggi il 35 per cento del patrimonio idrico italiano si disperde prima di arrivare a destinazione.
È soprattutto un problema meridionale. Le otto regioni al di sopra della media nazionale si trovano tutte al Centro-Sud. Per esempio in Molise gli acquedotti lasciano per strada ben il 65 per cento dell’acqua, mentre durante l’estate siciliani, sardi e pugliesi subiscono una vera e propria “emergenza acqua”, con una disponibilità pari a meno di 50 litri pro capite al giorno. Eppure la Sicilia è una regione ricchissima d'acqua: il problema sta tutto nel modo in cui viene gestita. Nel frattempo, gli italiani continuano a consumare 220 litri d'acqua a testa ogni giorno, quando i nord-europei non superano i 160. In Sicilia la dispersione raggiunge la media del 40%. Una cifra altissima ove si pensi che In Italia, secondo Legambiente/Ecosistema Urbano 2011, in media è del 32% dell’acqua immessa nelle tubature (per tutti gli usi) che va persa, mentre il Nord presenta percentuali di perdite al di sotto della media nazionale (25%). La manutenzione? Inesistente o quasi: rispetto al 2007, su 88 città prese in esame la dispersione idrica è aumentata in ben 47! Quelle siciliane hanno le percentuali maggiori. Dal momento che ci siamo, vorrei ricordare alcuni altri dati che non vanno trascurati. Sono quelli relativi al rapporto produzione cibo/alimentazione. Basti pensare che occorrono fra i 2 mila e i 5 mila litri d’acqua per produrre il cibo che una persona mangia in un solo giorno, mentre per tutte le altre attività si adoperano tra i 2 e i 4 litri, ricorda la Cia citando i dati Fao che confermano quanto la sicurezza alimentare sia legata ‘a doppio filo “ con la disponibilità di risorse idriche per irrigare i campi. Di fronte al calo delle precipitazioni nell'ultimo decennio del 20% al Sud, del 15% al Nord e del 9% al Centro, la Cia ribadisce la necessità di lavorare seriamente a un modello di agricoltura ecocompatibile e a una rete idrica efficiente, anche con un'autorità unica delle acque.
Liberacqua,però, ritiene che Gli investimenti andrebbero fatti soprattutto sulla depurazione. Che in Sicilia è scarsissima: appena il 39 per cento dell'acqua viene depurata. Secondo la Commissione europea il 40 per cento dei comuni italiani in cui non funzionano fogne e depuratori è in Sicilia. La Corte di giustizia comunitaria potrebbe multare la Sicilia che rischia sanzioni milionarie. "Per il settore idrico l'Isola ha a disposizione più di un miliardo di euro di fondi europei, ma tra i progetti avviati non c'è traccia di interventi per il trattamento delle acque reflue urbane" ha denunciato l'eurodeputato Rita Borsellino. Assenza di interventi da parte della mano pubblica sacrificata sull’altare della logica della mercificazione e del profitto di pochi a danno di molti? Profetizzare che questo bene prezioso sarà il nuovo petrolio sul quale si scateneranno guerre e lotte tra potentati, non è una esagerazione. Riprendersi il controllo di questa risorsa a livello territoriale, è ormai l’unica forma di democrazia rimasta praticabile. Specialmente in un territorio come il nostro, dove i tir carichi di bottiglie di acqua minerale, paradossalmente estratta dai monti siciliani ( Sicani o Madonie) il cui sfruttamento delle risorse idriche è stata data in concessione alle multinazionali dai vari governi regionali che si sono succeduti. L’acqua è divenuto il problema più grande e quindi riappropriarsi dal basso di questo ed altri beni comuni, significa avere ancora una democrazia con reali poteri dei cittadini e salvarsi, nel contempo, dalla logica che trasforma tutto in business, come quella dei rifiuti che continuano ad essere raccolti e smaltiti per arricchire solo chi li gestisce. Parrebbe che da parte della Commissione Straordinaria del Comune esiste un piano d’intervento. Ma noi, con un termine ormai fin troppo adusato, riteniamo che il problema di fondo rimane a monte. O, se si preferisce, alla radice.
Franco Lo Re