Sarà, comunque vada, una sentenza che farà discutere nell'ambito degli esperti di processo penale, quella del processo per la morte, il 19 Febbraio 2011, dei coniugi Sebastiano Polizzi e Maria Consiglio. Avevano rispettivamente 85 e 69 anni. Per la loro morte il pubblico ministero Rossana Penna ha chiesto, al Tribunale di Trapani, il rinvio a giudizio della figlia Angela, 49 anni, che viveva in casa con i genitori, al quinto piano di uno stabile in via Colonnelo Romej, una traversa della trafficatissima via Fardella. Secondo l'accusa, Angela Polizzi, accortasi di quanto stava accadendo ai suoi genitori, nel cuore della notte, andò al balcone a chiedere urlando aiuto ai vicini, ma non avvertì i genitori. Ciò avrebbe determinato, secondo gli inquirenti, la morte dei genitori, che, se svegliati o trascinati fuori dalla loro stanza, magari potevano essere salvati. Fatto sta che la donna uscì, come dicevamo, sul balcone. Si mise ad urlare, svegliò in questo modo un giovane, un vicino di casa, che chiamò i vigili del fuoco ed allertò i familiari e gli altri vicini per abbandonare il palazzo, nel timore che ci fosse un incendio di vaste proporzioni. Tra l'altro nell'attesa dei vigili del fuoco, il giovane vicino di casa e suo fratello, tentarono, senza riuscirci, di entrare nell'appartamento dei Polizzi con degli estintori di cui il palazzo è dotato. Ma era troppo il fumo per entrare. Quando, finalmente, i vigili del fuoco riuscirono ad entrare nell'appartamento Sebastiano Polizzi era ancora vivo, respirava. La moglie era già morta. Polizzi morì poco dopo al pronto soccorso dell'ospedale Sant'Antonio Abate di Trapani. Ad aggravare la responsabilità della donna, secondo gli investigatori, vi è anche la circostanza che è stata proprio lei, che accudiva i genitori in casa, a dimenticare accesa la coperta elettrica dalla quale si sono sviluppate le fiamme, e quindi per l'imputata (che probabilmente patteggierà la pena) emergerebbe anche questa grave responsabilità, oltre a quella di aver pensato a mettersi in salvo senza avvertire gli anziani genitori che dormivano. L’udienza preliminare è prevista per oggi. L’indagata, è assistita dall’avvocato Agatino Scaringi.
GERVASI. Il gip Massimo Corleo s’è riservato di decidere sulla richiesta di archiviazione del procedimento a carico di tre medici dell’ospedale Villa Sofia chiamati a rispondere della morte di Nicolò Gervasi, il giovane calciatore deceduto nel 2011 dopo un intervento chirurgico al cuore. Il giovane fu sottoposto, il 23 febbraio di quell'anno, a Palermo, ad un intervento di chiusura percutanea di difetto interinale in seguito ad una diagnosi di soffio al cuore. Dopo l’operazione iniziò ad avvertire un dolore al petto. I medici però lo dimisero senza eseguire alcun accertamento. Poche ore dopo Nicolò Gervasi fu colto da malore mentre si trovava presso lo studio del medico curante, dove si era recato per ottenere il rilascio di una certificazione. Il collegio di consulenti, incaricato di accertare le cause del decesso, non ha rilevato responsabilità a carico dei tre medici. «Non si rilevano profili di responsabilità a carico dei sanitari». Per i consulenti, la morte del giovane è scaturita da un'imprevedibile complicazione. «La procedura - spiegano nella relazione - è stata complicata da un evento perforativo aortico correlato alla presenza della protesi impiantata e ha comportato lo sviluppo di emopericardio con tamponamento cardiaco e morte». Il Pm Anna Trinchillo ha chiesto l'archiviazione del procedimento.I familiari del calciatore, assistiti dagli avvocati Agatino Scaringi e Cristina Ciulla, hanno però presentato opposizione. Secondo i legali, una tempestiva diagnosi avrebbe potuto consentire di salvare il paziente. La decisione del giudice dovrebbe arrivare entro una settimana.