Nel dopo elezioni, il neo presidente Rosario Crocetta ha dichiarato: «Io sono un Giuseppe Fava rimasto ancora vivo». Il figlio del giornalista accusa il presidente della Sicilia di strumentalizzare la morte del genitore, e risponde a Crocetta: "Sei più miserabile degli assassini di mio padre».
Il gioco del chi é più antimafia continua. Gli altri problemi siciliani passano in secondo piano: la regione indebitata fino al punto di non poter pagare gli stipendi, la disoccupazione alle stelle, e specialmente quella giovanile, il territorio devastato dall'abusivismo e dalla mancanza di seri piani regolatori, l'incapacità di spendere i finanziamenti che sono arrivati dalla Comunità Europea, i servizi pubblici da terzo mondo, la burocrazia pletorica ed asfissiante.
"Prendiamo, per esempio, un sindaco che per sentimento o per calcolo cominci ad esibirsi - in interviste televisive e scolastiche, in convegni, conferenze e cortei - come antimafioso: anche se dedicherà tutto il suo tempo a queste esibizioni e non ne troverà mai per occuparsi dei problemi del paese o della città che amministra (che sono tanti, in ogni paese, in ogni città: dall'acqua che manca all'immondizia che abbonda), si può considerare come in una botte di ferro. Magari qualcuno molto timidamente, oserà rimproverargli lo scarso impegno amministrativo; e dal di fuori. Ma dal di dentro, nel consiglio comunale e nel suo partito, chi mai oserà promuovere un voto di sfiducia, un'azione che lo metta in minoranza e ne provochi la sostituzione? Può darsi che, alla fine, qualcuno ci sia: ma correndo il rischio di essere marchiato come mafioso, e con lui tutti quelli che lo seguiranno." Il virgolettato é tratto da "I professionisti dell'antimafia", di Leonardo Sciascia, Corriere della Sera, 10 gennaio 1987.
Passano i decenni, in questa Sicilia irredimibile, e si continua con la sceneggiata. I personaggi della politica continuano ad accreditarsi come i migliori rappresentanti dell'antimafia. Non importa di tutto il resto, se sanno amministrare e risolvere i problemi di ogni giorno della popolazione, che sono moltissimi e gravissimi oltre quello della criminalità organizzata. Schierarsi contro la mafia, nei fatto o a parole, e in ogni caso farlo sapere a tutti, é una medaglia che non può mancare sul petto degli aspiranti politici di rilievo. Ho conosciuto personalmente per motivi di lavoro Ciro Caravà, noto sindaco antimafia di Campobello di Mazara, arrestato a dicembre 2011 per associazione mafiosa. Non mi ero accorto della sua appartenenza diretta o indiretta alla mafia, ma avevo notato che si dichiarava e voleva apparire un antimafia convinto. Non é stato ancora condannato in maniera definitiva, e può darsi che non c'entri nulla con la mafia, ma se dovesse entrarci, sarebbe un'ulteriore conferma di quanto teorizzato da Sciascia un quarto di secolo fa. Se vuoi apparire il meglio di tutti, devi dichiararti a gran voce contro la mafia. Sia che tu lo sia veramente, sia che lo dichiari solamente, é importante che quest'aureola di combattente aleggi sulla tua testa. Protetto da quest'aureola potrai anche essere un cattivo politico. Chi vuoi che abbia il coraggio di criticare apertamente un pubblico amministratore antimafia. Sarebbe come un'ingiuria, una specie di reato di lesa maestà.
E' politicamente redditizio fare professione di antimafia, perché con questo merito vero o presunto si può bilanciare la propria ipocrisia, la propria pochezza, la propria incapacità di curare gli interessi dei cittadini.
La mafia è un'organizzazione criminale che accompagna lo Stato italiano fin dal suo sorgere. Quando sembra che sia stata sconfitta, si trasforma in qualcosa di nuovo, restando portatrice di illegalità. Abbiamo debellato la mafia rurale da oltre mezzo secolo, abbiamo sfinito la mafia cittadina dell'ultimo cinquantennio, resta da combattere la nuova organizzazione, sorta come un'Araba fenice sulle ceneri della vecchia, e diffusa in tutti i gangli della società, che un nostro giovane concittadino, Giacomo Di Girolamo, ha definito "cosa grigia" nel suo recente omonimo libro.
C'é stata da un secolo una mafia da combattere, e ce n'é tuttora una da meglio individuare e sperare di sconfiggere. Quest'ultima nuova mafia ha cambiato pure nome, tanto furba é. C'é stato, quindi, bisogno di personaggi antimafia da un secolo a questa parte, e ce ne sarà ancora bisogno. La lotta continuerà. Si facciano avanti i nuovi soldati. La loro carriera fino agli alti gradi sarà più facile, se si autoproclameranno difensori della legalità contro la mafia. Finché c'é mafia c'é speranza.
Leonardo Agate