Abbiamo tutti sentito i trionfalismi del segretario provinciale Gucciardi che parla di “serietà dell’intero gruppo dirigente e impegno straordinario di tutti i candidati della lista in un momento particolarmente complesso della storia della Sicilia”
“Meglio di così credo non potesse andare. Con il voto di domenica i siciliani hanno voluto dare una ferma lezione a quello che era stato il distruttivo strapotere della destra che non ha saputo far altro che clientelismo e favori di ogni genere” sostiene il vice sindaco, Vinci.
La Milazzo, unica rappresentante all’ARS dei cittadini di Marsala, anche se da loro non eletta, cioè scelta (dal latino eligo = scelgo), neo consigliere solo grazie all’indecente sistema del listino, esultante parla di vittoria e di proposta vincente, riferendosi all’alleanza PD-UDC, e si augura che “il M5S non faccia opposizione da vecchia fantapolitica”
Io, lontana da interessi personali, ma lucida in un’analisi che difficile in verità non è, ho confrontato i risultati delle precedenti elezioni regionali con quelli delle attuali : fra il 2008 e il 2012 il Pd ha perso in Sicilia 248.648 voti, il 49% in meno, passando da 505.922 a 257.274 voti. Nonostante la sconfitta Il PD aveva ottenuto allora 19 seggi, contro i 14 attuali.
La matematica non è un’opinione, e dai numeri risulta evidente che il PD ha perso. A questo punto, dando per scontata la conoscenza di questi dati da parte di chi si dichiara competente in politica e depositario di buona e consolidata esperienza, è lecito chiedersi a cosa si riferisca chi parla di vittoria. Anche qui non è difficile una deduzione logica: è evidente che i tre si riferiscono alla loro situazione personale: Gucciardi ha vinto, così come Vinci e così come la Milazzo. Se si guardano i risultati da un’angolazione esclusivamente personale non si può nel loro caso non parlare di vittoria.
Ma la politica allora cos’è per questi acuti dirigenti? Sicuramente successo personale, affermazione del potere al punto di non rendersi conto del tracollo del partito, al punto di non riuscire neppure ad analizzare qualche dato, al punto di avere l’arroganza di tacere su dati che gridano quantomeno attenzione, se non proprio un netto e drastico cambio di rotta, che certamente non può venire da chi beneficia da questo sistema incancrenito.
Se a questo si aggiungono i due dati eclatanti dell’astensionismo, non certo fisiologico, di oltre il 53% degli elettori e del successo del Movimento 5 stelle, successo ottenuto peraltro con la modica cifra di 25000 € di spesa per la campagna elettorale, il quadro della sconfitta è completo, allarmante, chiarissimo ed inconfutabile.
Stampa, opinionisti e analisti politici nazionali si occupano e si preoccupano del fenomeno siciliano, definendo l’altissimo astensionismo un segnale di rifiuto della mala politica e preludio al grillismo, che ne sarebbe e ne sarà un’evoluzione negativa. Dalle nostre parti invece non solo non si vede il problema, ma addirittura si esulta per la vittoria.
Questa formula vincente dell’alleanza PD- UDC non è forse quella che ha sostenuto il governo Lombardo, che ha portato la Sicilia al fallimento? E Cuffaro? Non era forse espressione dell’UDC?
Dov’è la novità? La rivoluzione forse è Crocetta, non la coalizione che lo ha portato al timone della Sicilia.
In verità il vice sindaco dovrebbe sapere poi che il clientelismo purtroppo non è un retaggio della destra, ma è praticato in modo trasversale da tutti i partiti.
Se così non fosse non esisterebbero “pacchetti” di voti in dotazione di candidati, voti che li seguono, senza alcun problema, nelle loro avventure elettorali e perfino nelle migrazioni politiche.
Se così non fosse, si praticherebbe un fertile dialogo all’interno del partito, non alleanze miranti a far fuori l’uno o l’altro: la dialettica sarebbe crescita, non guerra di fazioni!
Ancora una volta i nostri politici professionisti mostrano insensibilità, mostrano di non riuscire a leggere il malcontento dell’elettorato, di non avere a cuore null’altro che la loro poltrona, il potere e basta, il potere a tutti i costi.
C'è un altro aspetto che ritengo scandaloso, aspetto di cui i dirigenti dovrebbero rendere conto ai cittadini marsalesi: la sudditanza della città di Marsala rispetto ad una classe politica che, radicata da tempo in tutta la provincia, impedisce che la città sia rappresentata da concittadini. C’è nel PD di Marsala una lotta di potere fra potentati politici, ex DS ed ex Margherita, che hanno interesse a tenere in ostaggio e diviso al suo interno il partito, a non farlo crescere, così da gestire elettori, candidature, città e provincia. Indubbiamente sono in gioco interessi forti, sconosciuti ai più.
Perché il partito non ha adeguatamente supportato Alberto Di Girolamo, che si è sempre distinto per onestà, professionalità e fede nei valori della democrazia? Le promesse di Gucciardi hanno “convinto”l’elettorato più di quelle del candidato locale?
Come cittadina, come siciliana, avverto e manifesto il mio più profondo sconcerto per questa politica volutamente miope, indirizzata solo al conseguimento di affermazioni personali, lontana anni luce dall’intercettare e dal voler risolvere i tanti, troppi mali della nostra Isola. Questa classe dirigente è responsabile della morte di un partito, che avrebbe dovuto essere espressione di un centro-sinistra nuovo, in cui molti nutrivano speranze; le uniche vittorie di cui si può fregiare sono vittorie, oltre che solo personali, mutilate, in quanto determinate da un forte astensionismo, sicuramente di protesta da parte di cittadini che non vanno a votare perché non ritengono nessuno dei candidati meritevole di fiducia e credibilità: abbiamo un sindaco eletto da metà della popolazione marsalese, un consigliere regionale, voluto da accordi ben precisi e comunque non certo espressione della volontà degli elettori, un governatore eletto da meno della metà dei siciliani : come direbbe Calvino, il sindaco e il governatore dimezzati.
Se queste considerazioni, nell’euforia delle vittorie personali, fossero sfuggite agli attuali dirigenti del PD marsalese , mi auguro che, stimolati da questa mia critica, ammettano l’errore macroscopico, facciano pubblica ammenda e, preso atto di non essere stati capaci di intraprendere un cammino di ricostruzione dell’identità del PD, per il bene della città e dei cittadini, si facciano finalmente da parte.
In tutte le democrazie avanzate chi perde , chi è responsabile di una sconfitta, si dimette e lascia il posto ad altri più capaci.
Se poi, come mi auguro, il nuovo governatore porterà avanti quelle politiche di tagli di stipendi dei parlamentari e dei dirigenti dell’ARS, se intraprenderà davvero quella politica di risanamento economico e morale, promessa in campagna elettorale, non avranno nemmeno la valida motivazione di uno stipendio da favola per restare abbarbicati alle loro poltrone!
Che sia l’unica via per liberarci da questo inutile, insopportabile e imputridito fardello?!
Ce lo auguriamo, purché se ne vadano e non tengano più in ostaggio il PD! Ma, ahinoi, non sarà facile, credo, per Crocetta avere i numeri per procedere su questa strada virtuosa.
Angela Guercio