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29/10/2012 00:07:22

"Matrimoni del buon gusto, patrimoni dell'italianità"

Così come non può darsi luogo a confusione tra buontemponi e … meteorologi ottimisti o nostalgici del “buon tempo che fu”, alla stessa stregua non possiamo accettare la assonante equazione fra le persone di buon gusto e i cosiddetti “buongustai”. Le prime, infatti, non sono onnivore, ma - per definizione – selettive. Niente a che spartire, insomma, con le proverbiali “buone forchette” che non identificano … posate virtuose, ma semmai rubicondi crapuloni.
 Ora, a prescindere da possibili (e sfortunate) allergie ai latticini, un palato che gode di alta educazione non può che prediligere i formaggi. E tutti i formaggi amano essere abbinati con il vino, specie se liquoroso. E insieme costituiscono autentici patrimoni dell’italianità.
 Dalle nostre parti, cioè in tutto il Bel Paese i formaggi ed i vini liquorosi, infatti, li sappiamo proprio fare: dalle Alpi al Lilybeo !
 Sposare un formaggio ad un vino è quanto di più semplice ed intelligente per un degustatore. Intanto perché basta seguire la regola del contrasto, anziché quella della concordanza. Su un grande pecorino, stagionato e perfino pepato, su un provolone piccante, il fidanzamento principe è proprio con un liquoroso dolce (un Marsala G. D.) o con un Passito di Pantelleria. Per lo stesso motivo può raggiungersi un’apoteosi sensoriale abbinando una Riserva di Marsala Vergine ad un Gorgonzola dolce o ad una Vastedda del Belice.
 E tutto questo perché le proteine (che sempre ci sono nei formaggi) e i grassi (che, in varia misura, non mancano mai) necessitano di un contrasto deciso (ma anche caldo e morbido) che solo l’alcool può garantire.
 In sostanza, si tratta di un vero e proprio matrimonio del buon gusto. Un concerto sinfonico. All’italiana!
 Dobbiamo rivalutare questo connubio. Che è frutto di tradizione e di sapienza. In fondo, la radice più plausibile di quest’ultimo termine (che esprime il massimo di saggezza conoscitiva) può ben individuarsi nel SAPORE.
 Cosa sarebbe il Made in Italy senza la riconoscibilità di questi sapori? Chi non conosce il Parmigiano o il Marsala? E questo non avrebbe meritato (perché è la prima d.o.c. della nostra storia, perché ha redento Garibaldi dall’astemìa, perché con esso sono cresciute generazioni di Italiani) il riconoscimento di “vino dell’Unità nazionale”?
Quale speranza avrebbe questo Bel Paese senza la rivalutazione delle sue sapienze?
Qualcuno ci potrà tacciare di snobismo se - proprio al culmine di questa contingenza di crisi economica così profonda – stiamo qui ad occuparci di questi frivoli menàge enogastronomici?
Se così è, allora vale la pena citare qualche numero. Sapete quanti ettolitri di vino Marsala falso (imbottigliato in America, in Brasile, in Sudafrica, etc.) circolano per il mondo? Avete idea di quanto incida l’insieme dei prodotti agro-alimentari italiani contraffatti? A fronte dei 20 miliardi di euro che è la cifra totale delle nostre esportazioni, il giro d’affari delle contraffazioni ammonta ad oltre 60 miliardi di euro ! Questo è il vero spread ! Quello delle falsificazioni e dei plagi.
Difendere il nostro patrimonio alimentare dalle usurpazioni è dunque una “politica” che può portare a casa il ricavo di due-tre manovre finanziarie. O magari quasi quanto l’intero compendio dell’evasione fiscale.
Ecco perché un impegno serio del Governo centrale, delle Regioni e degli Enti Locali in direzione della tutela può produrre risultati effettivi e non solo affettivi. Ecco perché l’autenticità è un valore anche economico. Ecco perché la nostra salvezza sta nella nostra sapienza. Cioè nei nostri tipici ed inimitabili sapori.

Diego Maggio
 



Native | 2024-07-16 09:00:00
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