Sollecitato a intervenire dal caso Sallusti sul testo vigente, che prevede la reclusione, il Senato tenta di adeguarlo formalmente alle leggi dei Paesi più civili, e ad imbavagliare sostanzialmente di più la stampa. Secondo un modo di ragionare e di fare tipicamente italiano, i parlamentari approfittano del clamore suscitato dal caso Sallusti, che dovrebbe andare in galera per 14 mesi a causa di una diffamazione a mezzo stampa, per fare un passo avanti e due indietro. Nel ddl in discussione al Senato é eliminata la pena della reclusione, ma vengono enormemente inasprite le sanzioni pecuniarie. Secondo le nuove proposte, una diffamazione potrebbe costare, oltre il risarcimento del danno sofferto dal diffamato, anche un ristoro non inferiore a 50.000 euro. La pena si estende al direttore responsabile, per omesso controllo. Ma questi difficilmente può controllare tutto il contenuto del giornale che dirige. A lui viene quindi addebitata una responsabilità civile oggettiva, indipendentemente dalla sua partecipazione alla diffamazione. Così sarà difficile trovare in futuro direttori di giornali, che non abbiano alle spalle potentati economici. Egualmente il comune giornalista non potrà rischiare di vendersi la casa per un articolo.
Nella relazione al disegno di legge é evidenziato che la previsione del carcere per i reati di stampa dissuade dall'esercizio della professione. L'osservazione é corretta. E' anche corretto prevedere al posto del carcere un integrale risarcimento del danno causato. Non sembra invece corretto che il responsabile debba pure risarcire il diffamato di una somma non inferiore a 50.000 euro. A questo punto, in molti casi converrà essere diffamati, e i giornalisti cesseranno di fare inchieste o reportage, rischiando pene così severe. I giornali si limiteranno a pubblicare notizie asettiche , magari fornite dagli uffici stampa dei partiti, delle istituzioni, delle lobby.
Eppure sarebbe semplice contemperare l'esercizio della libertà di stampa e di opinione con gli interessi al rispetto di ogni persona o ente. Senza usare il carcere, basterebbe la previsione di una rettifica immediata, a richiesta del diffamato, e un giudizio veloce per il risarcimento del danno. Basterebbe, se non si volesse impaurire i giornalisti.
Leonardo Agate