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17/10/2012 18:53:05

Scrive Peppe Sciabica, sulla mostra "Il ritorno di Garibaldi"

Supportata da una documentazione essenziale quanto congrua, scrupolosa nei fatti e coerente nel rapporto tra immagini e commenti, sembra che i curatori si siano attenuti all’antico principio secondo cui più si capiscono le cose più si è semplici. Sono proprio quelle immagini agili e quei contenuti alquanto forti ad avvicinare il lavoro dell’esperto alla curiosità attiva del visitatore, come dello studente, in un crescendo di riflessioni, di comparazioni e di coinvolgimento. Non è difficile, allora, constatare fra i non addetti ai lavori che l’Unità d’Italia fu opera di un disegno esterno alle classi dirigenti nazionali, così spezzettate e insaziabili com’erano. Quel materiale ci aiuta a individuare la rete di alleanze dei gruppi egemoni globali e locali, gli interessi e le forze in gioco, le resistenze ai nuovi bisogni di massa, gli inevitabili scontri sociali dopo i sanguinari e assurdi, per certi aspetti, fatti di Bronte e di Alcara Li Fusi. Siamo proprio all’origine della “Questione Meridionale”. Nè manca in quella sconcertante documentazione l’iniqua e beffarda leva fiscale necessaria a ripianare il debito pubblico. Una misura vessatoria che continua fino ai nostri giorni. E se si pensa, poi, alla Riforma Agraria? Il Contadino del Sud attenderà più di novant’anni per una dignitosa riforma agraria, rimasta ahimè sulla carta in quanto un nuovo corso economico impose l’abbandono delle campagne e la fuga verso gli imperi industriali Mercedes, Fiat… così fu decisa la fine della civiltà contadina, nata con la nascita dell’uomo. Non sfuggono, a chi osserva, frammenti di stampa locale; e fa piacere rilevare che la Città ebbe nel settimanale “Il Popolo”, diretto da T. Pipitone, un rappresentante delle istanze più vicine alle masse contadine e ai nascenti ceti urbani. Nonostante il periodo irrequieto e di aspri contasti fra le classi sociali, l’associazionismo di base come le società di mutuo soccorso compiono il loro rodaggio per una società più equa e più solidale. In quei documenti si delineano, in sostanza, le testimonianze, i soggetti e i segni della cosiddetta società civile, secondo la geniale coniazione di Gramsci. In quei pannelli si legge con soddisfazione la destituzione del Sindaco, tale Sarzana, per avere pubblicato il discorso di Garibaldi nel lontano 1862. La mostra si conclude con un degno riferimento a un palermitano di massimo rispetto: il generale garibaldino Giovanni Corrao, ucciso dalla mafia appena quarantenne. Perché doveva essere ucciso e chi lo uccise? Nel rivisitare quella nefasta vicenda, Matteo Collura ne colse l’amore per la sua Isola e la nobiltà dei sentimenti nel libro “Qualcuno ha ucciso il Generale”.
                                                                                                                                                              Peppe Sciabica


 



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