<Con i miei colleghi – ha detto Rita Bernardini - abbiamo visitato tutte le carceri della Sicilia dall’inizio della legislatura ad oggi. Ci mancavano Sciacca, Castelvetrano e Marsala per concludere, e torneremo al Pagliarelli dove siamo stati nel 2008. Il problema che denunciamo riguarda tutte le carceri italiane, che sono luoghi di illegalità, sia per i detenuti che per il personale che ci lavora: direttore, educatori e agenti, perché a monte non ci sono le leggi affinché venga rispettata la Costituzione, e i contratti di chi vi lavora non sono a norma. Il nostro ordinamento penitenziario stabilisce tutta una serie di norme che non vengono rispettate in nessuna parte d’Italia, per questo le carceri sono l’ultimo anello di una giustizia che non funziona, con 5 milioni di procedimenti penali pendenti (e altrettanti civili). L’Italia è condannata da 30 anni in sede europea per la durata irragionevole dei processi, tanto che il comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha chiesto al Governo di fare una calendarizzazione dei provvedimenti che intende prendere, sia per questo aspetto che per i trattamenti disumani all’interno delle carceri>. I Radicali propongono l’amnistia e l’indulto per “liberare” la giustizia, per una riforma strutturale che passi, tra le altre, dalla Legge Fini-Giovanardi sulle droghe e quella Bossi-Fini sugli immigrati. La visita al carcere di Castelvetrano è durata 5 ore. I detenuti presenti sono 97 (di cui 66 in regime di media sicurezza e 31 in sezione protetta) ma la capienza regolamentare è di 38. Ospita 22 tossicodipendenti e 19 stranieri e l’alfabetizzazione concessa è solo quella elementare. Le celle, di 8 metri quadrati, sono pensate per ospitare 1 detenuto, ma all’interno ve ne sono sempre 2 o 3. Gli agenti di polizia penitenziaria sono 67, ma in servizio di effettivi ce ne sono 55. Ci sono solo docce esterne alle celle e le porte permettono una circolazione ridotta di aria. Il problema maggiore riguarda la carenza di mezzi in forza al personale ma anche problemi di vestiario e divise, non rinnovati da anni. La visita alle carceri di Marsala si è protratta per due ore e mezza: visitate le 7 celle dove sono reclusi 33 detenuti.
Le carceri di Piazza Castello non vanno chiuse. Benché ci sia un Decreto già firmato dal Ministero della Giustizia nel maggio scorso “sarebbe un delitto che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il Ministero della Giustizia, decidesse di risparmiare sul rispetto dei diritti umani, perché è di questo che si tratta, e noi sappiamo che per un processo di rieducazione la vicinanza alla famiglia è una cosa essenziale, altrimenti stiamo perdendo tempo e violando diritti umani”. Sono queste le parole dell’Onorevole Rita Bernardini in merito alla situazione che investe le carceri marsalesi, visitate sabato scorso assieme ai militanti Radicali Donatella Corleo e Gianmarco Ciccarelli, per verificare le condizioni dei detenuti ed intervenire al contempo sul provvedimento di chiusura dopo aver tastato con mano la realtà locale. La visita all’istituto di pena – dove sono reclusi 33 detenuti in regime di media sicurezza distribuiti in 7 celle – si è protratta dalle 18.30 circa fino alle 2, e da un “sondaggio” fatto dall’Onorevole Bernardini – che ha testimoniato il non sovraffollamento vigente – tutti, tra detenuti e agenti, sono contrari alla chiusura dell’istituto. <Nessuno vuole che questo carcere chiuda – ha detto - nonostante ci siano alcuni problemi e delle carenze strutturali – e per diversi motivi: stanno vicini alla famiglia, hanno un ottimo rapporto con gli agenti, e la maggior parte di loro sono in attesa di giustizia>. Gli agenti di polizia penitenziaria assegnati al carcere marsalese sono 34, ma quelli effettivi, tra i distaccati e chi viene spostato altrove per i motivi più diversi, sono 27, con turni di 8 ore giornaliere e ferie godute con enormi con sacrifici. Sono presenti 2 due educatori, e i detenuti sono molto contenti del rapporto che hanno instaurato e mantengono con loro; non altrettanto soddisfatti sono, invece, del magistrato di sorveglianza relativamente alla Legge 199, ossia la cosiddetta “Svuota carceri" che prevede i domiciliari per condanne fino a diciotto mesi. Nonostante le richieste avanzate da tempo sono in perenne attesa di risposta, positiva o negativa che sia. In cella non ci sono le docce e per lavarsi devono raggiungerle esternamente. <Una cosa che sicuramente contraddistingue questi istituti più piccoli rispetto agli altri – conclude la Bernardini - è che c’è un ottimo rapporto con gli agenti di polizia penitenziaria, che poi sono le figure professionali che stanno maggiormente a contatto con i detenuti. È evidente, in generale, che l’ordinamento penitenziario è violato in tutte le carceri italiane non per colpa di chi vi lavora ma per responsabilità centrali dell’amministrazione penitenziaria, perché non arrivano le risorse necessarie per fare la rieducazione, gli spazi sono quelli che sono e ci sono molte persone che vivono lontane dalle loro famiglie, e sappiamo che tutto questo è irregolare>. Il buon rapporto tra i detenuti e gli agenti è testimoniato da una frase pronunciata da Giovanni Barbara: <Se tornassi indietro rifarei questo lavoro senza ripensamenti. Per noi non è come per i carabinieri, la polizia, che arrestano i detenuti e finisce tutto. Noi ci viviamo assieme, quando possiamo proviamo a consigliarli, ci dialoghiamo. Diventa la nostra vita>.