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09/07/2012 04:39:58

Operazione "Pizzo al pomodoro". Oggi si decide sul rinvio a giudizio. Processo Caccetta: parla la difesa

Avrebbero estorto denaro a commercianti. Il pubblico ministero Anna Trinchillo ha chiesto il rinvio a giudizio di nove persone coinvolte nell'operazione «Pizzo al Pomodoro».
Nella richiesta, avanzata al giudice per le udienze preliminari, figurano i nomi di: Francesco Paolo ed Ignazio Cammareri, rispettivamente di 33 e 31 anni, Alberto Cangemi, 41 anni, Claudio Di Pietra, 25 anni, Orazio Pisciotta, 38 anni, Ivan Randazzo, 28 anni, Michele Scardina, 47 anni, Giuseppe Beninati, 51 anni, e Salvatore Di Pietra, 34 anni. Il procedimento scaturisce da un'indagine condotta dagli agenti della squadra mobile di Trapani, coordinati da Giovanni Leuci, che ha alzato il velo su una serie di estorsioni ai danni di commercianti del capoluogo. Tra le vittime figurano un ristoratore, il titolare di un'impresa artigiana, dei gestori di sale scommesse, un noleggiatore d'autovetture ed un distributore di apparecchiature elettroniche da intrattenimento. Ad ognuno veniva richiesta la corresponsione mensile di somme di denaro o l'esecuzione gratuita di prestazioni lavorative. Ad un artigiano, ad esempio, sarebbe stata richiesta la fornitura di infissi in alluminio. Per essere più convincenti i componenti della banda avrebbero minacciato le vittime di gravi ritorsioni. Al titolare di una sala giochi sarebbe stato detto che se non pagava avrebbe subito dei danneggiamenti. Ad un'altra vittima, un commerciante titolare di un autonoleggio che non voleva pagare, stato mostrato il calcio di una pistola e gli sarebbe stato consigliato, al contempo, di annotare il numero dei vigili del fuoco, alludendo chiaramente a possibili ritorsioni nel caso in cui non avesse cambiato atteggiamento. Il malcapitato sarebbe stato costretto a stipulare numerosi contratti di noleggio per autovetture senza incassare alcun corrispettivo. Al vertice della banda c'era Francesco Paolo Cammareri. Secondo gli inquirenti, il gruppo criminale aveva accresciuto il proprio spessore delinquenziale al punto che alcuni imprenditori si sarebbero rivolti al pregiudicato ed ai suoi complici per recuperare dei crediti legittimamente vantati nei confronti di altri operatori economici ma mai corrisposti nemmeno a seguito di azioni ingiuntive legali.

CACCETTA. Parola alla difesa, invece, nel processo, ormai alle battute finali, che vede imputato a Trapani il dirigente del Genio Civile Giuseppe Caccetta. «Sessanta giorni, sei mesi, sei anni, io i progetti li faccio uscire quando voglio». Così Caccetta si rivolgeva a chi non accettava di sottostare alle sue regole. L’ingegnere non pretendeva soldi ma mirava più in alto, ad
incarichi professionali lucrosi. «Tutto apparentemente in regola, tutto alla luce del sole», ha detto il pubblico ministero Andrea Tarondo che, al termine della sua requisitoria, ha chiesto la condanna dell’imputato, accusato di concussione, alla pena di sei anni e sei mesi di reclusione, l’interdizione dai pubblici uffici ed la confisca di tutti i beni in sequestro. Il processo
scaturisce dalla denuncia di un geologo, Roberto Gallo che, ai giudici, ha riferito di avere ricevuto delle richieste di denaro dall’ingegnere Giuseppe Caccetta e da Antonino Pizzo, funzionario amministrativo del Genio Civile di Trapani, già giudicato separatamente e condannato a tre anni e sei mesi di reclusione, per il rilascio di autorizzazioni per due pratiche
relative ad importanti progetti. «Caccetta mi aveva fatto capire che se volevo ottenere l’ autorizzazione avrei dovuto pagare. Per quasi due mesi aveva bloccato la pratica avanzando richieste assurde. Non sono abituato a pagare Non è certo mio costume. Ma ero sottoposto a pressioni e quindi accettai di pagare una tangente». I soldi sarebbero stati incassati da
Antonino Pizzo. L’ingegnere Giuseppe Caccetta, ha rilevato il pubblico ministero, aveva altre ambizioni, mirava all’ottenimento tramite un politico legato agli imprenditori coinvolti nel progetto, di importanti incarichi di consulenza. Giuseppe Caccetta disponeva di grosse somme di denaro. Al momento dell’arresto fu trovato in possesso di circa trecentomila euro in contanti. Da accertamenti è emersa una sperequazione tra i guadagni legalmente conseguiti ed il suo patrimonio. La sentenza è prevista per il 16 Luglio.



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