ventisette anni e un mese di carcere per il boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro e dodici anni per Giuseppe Grigoli, suo braccio destro economico - finanziario, già gestore dei punti vendita Despar nella Sicilia occidentale. Per l’accusa, Grigoli avrebbe investito nel campo della distribuzione alimentare proventi degli affari del padrino di Castelvetrano. Unica parte civile è l’Associazione antiracket e antiusura di Trapani, presieduta da Paolo Salermo e rappresentata dall’avvocato Giuseppe Novara. «E’ un momento importante per distinguere tra l’imprenditore vittima e quello colluso. Sulla base degli atti processuali, granitici e corposi, emerge che Grigoli e un imprenditore colluso che ha attivato una rete aziendale con i soldi di Cosa Nostra, traendone vantaggio», dice l’avvocato di parte civile, Novara. Le risultante processuali - aggiunge il legale - dimostrano che la mafia gestiva appalti e condizionava il tessuto produttivo, in collaborazione anche con persone e professionisti insospettabili, con grave pregiudizio della libertà di iniziativa imprenditoriale, ostacolando di fatto l’attuazione dell’articolo 41d ellaC ostituzione». Il rappresentante dell’Antiracket si è associato alle richieste del procuratore generale. Per Antonello Denaro, uno dei legali di Grigoli, nel giudizio di primo grado, «la voce della difesa è stata obliterata dai giudici», «in sentenza è stato fatto un copia e incolla della memoria dei pubblici ministeri». Il legale ha descritto un Grigoli vittima, che «ha pagato il pizzo», ragion per cui ha chiesto l’assoluzion edel suo assistito.Nel lontano1974, Grigoli, all’epoca titolare di un centro di distribuzione di detersivi all'ingrosso, subì unattentato incendiario, opera del racket. Ma, secondo gli inquirenti, fu allora che cercò e trovò referenti in seno a Cosa Nostra, compiendo un salto di qualità: da piccolo negoziante a «re dei supermercati», a capo di un patrimonio (sequestrato) di oltre 500 milioni di euro. Il processo d’appello prosegue oggi con l’arringa degli altri difensori.
Nella sentenza di primo grado, emessa nel Gennaio del 2011, Messina Denaro è stato condannato a 27 anni. Giuseppe Grigoli a 12 anni.
La pena di Messina Denaro sale a 30 anni perchè è stata individuata una continuità in precedenti reati. E' stata disposta la confisca dei beni sequestrati a Grigoli e appartenenti, tra gli altri, al Gruppo 6GDO. 50.000 euro di risarcimento all'Associazione Antiracket di Trapani. Incapacità contrattuale e interdizione dai pubblici uffici per entrambi per i tempi della durata della pena. A tutto ciò si aggiunge anche la sorveglianza speciale di tre anni.
Nel processo di primo grado si sono fatti nomi eccellenti. Si sono fatti i nomi di capi mafia, a parte quello dell’imputato latitante Messina Denaro, di suo padre, «don Ciccio», di Bernardo Provenzano, di Filippo Guattadauro, il cognato del capo mafia di Brancaccio, il medico Giuseppe Guttadauro, si sono fatti i nomi di politici, dell’ex presidente della Regione Totò Cuffaro andato a chiedere a Grigoli il favore di vendere i vini della sua produzione nei supermercati Despar, o ancora quelli dell’ex deputato regionale, sempre della cordata cuffariana, Francesco Regina, andato da Grigoli a chiedere sostegno elettorale. Dentro il processo anche il nome di Vito Mazzara, il killer della mafia trapanese, l’uomo che avrebbe ucciso Mauro Rostagno e che sconta l’ergastolo per tanti altri delitti, e che a Grigoli andava a vendere la ricotta sempre per i supermercati.