Se si interrogassero i cittadini sulla corruzione dei nostri politici la maggior parte degli intervistati scrollerebbe le spalle con rassegnazione, quasi come se la mancanza di onestà fosse un dato di fatto, un assioma che non è né di destra né di sinistra.
Proviamo allora ad immaginare cosa accadrebbe se in Italia fosse ristabilita l’antica dokimasia greca: quanti politici potrebbero mantenere la loro poltrona?
Con questo termine si indicava una sorta di “scrutinio” al quale venivano sottoposti gli aspiranti alla carriera politica.
Le domande erano volte a comprovarne l’onestà e l’incorruttibilità.
Non poteva accedere alla carriera politica chi non era in regola con il pagamento delle tasse, chi non aveva ottemperato all’obbligo militare etc.
Ma le domande riguardavano anche la vita privata come ad esempio il rapporto con i genitori e il rispetto degli anziani.
Più in generale si approfondiva il tropos, ovvero l’indole, per valutare preventivamente l’adeguatezza al ruolo.
Ma la cosa più interessante (e tristemente anacronistica) è che questa selezione avveniva dinanzi al tribunale popolare, composto da cittadini comuni.
Nessuno dei politici ateniesi è mai ricorso alla privacy come scudo per evitare queste prove.
Forse un sistema anacronistico ma sicuramente più democratico di quello attuale e che lasciava ben poco spazio alle strategie politiche, alla corruzione, al voto di scambio ..... Forse per andare avanti dovremmo tonare indietro, scrollarci da questa apatica anaffettività civica e capire finalmente che il potere è nelle nostre mani, dobbiamo solo reimparare ad usarlo.
Vita Tumbarello