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15/06/2012 06:02:25

Oggi Calogero Germanà a Mazara. Don Fiorino: "Denunciare, formare, lottare per la giustizia"

Undici persone che stavano svolgendo, saggiamente e con competenza, i loro compiti a servizio dello Stato e quindi della libertà e della sicurezza di tutti noi. Uomini e donne che sono stati strappati con barbara violenza all’affetto dei loro familiari. Ieri come oggi riaffermare chiaramente l’incompatibilità tra vita cristiana e appartenenza alla mafia non è mai superfluo. Il compianto mons. Cataldo Naro, arcivescovo di Monreale, insegnava che “nelle nostre parrocchie deve essere detto e ridetto che non può ritenersi veramente appartenente alla Chiesa chi fa parte di una cosca, cioè di un`organizzazione criminale che, del tutto normalmente, per raggiungere i suoi scopi fa uso della violenza e pratica l`omicidio. C`è un`incompatibilità evidente tra l`appartenenza alla mafia e la professione e la pratica del cristianesimo. È un`incompatibilità evidente che, però, va detta, spiegata, veicolata, trasmessa, specialmente alle nuove generazioni. E la ferma, diffusa e costante affermazione di tale incompatibilità non va contraddetta con atteggiamenti di "rispetto" e legami di un qualche interesse verso gli uomini delle cosche, almeno quelli notoriamente tali, da parte dei sacerdoti e in particolare dei parroci. Su questo punto bisogna essere molto coerenti. Ne va della serietà, della "verità" e dell`efficacia dell`azione pastorale della Chiesa. Il modello resta la dedizione pastorale e la testimonianza sacerdotale di don Pino Puglisi, tanto attento all`educazione dei ragazzi quanto chiaro nella sua posizione verso gli uomini delle cosche”. Parole che illuminano ancora - in particolare noi credenti - sulla pericolosità socio-culturale del fenomeno mafioso, «la configurazione più drammatica del “male” e del “peccato”» (così lo definiscono i vescovi italiani nel loro documento “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”). Ma certamente - come ormai è evidente - non è più sufficiente come Chiesa denunciare il fenomeno mafioso come anticristiano, occorre invece agire con tenacia e positivamente per la formazione delle coscienze - compito specifico della Chiesa stessa - compito complesso che richiede tempi lunghi, perché la mafia ha radici profonde nella mentalità e nella vita dei nostri territori. È fondamentale l`indignazione verso il male in ogni sua forma, per sconfiggerlo dovunque sia possibile. Da parte del credente è importante pagare di persona e mettere il bene dove c`è il male. Non possiamo limitarci come cristiani alla condanna di situazioni malavitose e di illegalità, ma dobbiamo porre in essere gesti di speranza e di rinnovamento. I prossimi tre incontri che si svolgeranno a Mazara del Vallo con testimoni del nostro tempo saranno una occasione per aiutarci a non percorrere «una strada di morte» - così Benedetto XVI, nel suo primo viaggio in Sicilia, ha definito la mafia - , ma impegnarci nella promozione della giustizia e delle fasce più deboli della società. Il 15 giugno ascolteremo il dott. Calogero Germanà, il 22 giugno il dott. Gioacchino Natoli, il 28 giugno don Giacomo Panizza.

Don Francesco Fiorino



Antimafia | 2024-09-26 06:00:00
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