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12/04/2012 08:00:38

L'inchiesta sulla Coppa America a Trapani, reati prescritti

occasione delle gare preliminari della Coppa America, dovevano servire a fare attraccare le navi da crociera usate come alberghi galleggianti. I lavori non furono completati per tempo e quando, finita la Coppa America, quel cantiere riaprì i battenti, ci fu l’intervento della magistratura perché quei lavori stavano proseguendo con una deroga che non aveva più valore. Nel periodo di esecuzione dei lavori al porto per prepararlo ad accogliere le barche a vela di quello che fu definito “il grande evento” (tanto da meritare a tamburo battente la intitolazione di una strada dell’area portuale proprio denominata via del grande evento), la presidenza del Consiglio dei Ministri nell’affidare ogni incombenza alla Protezione Civile – targata Bertolaso – (modello poi seguito per la Maddalena che doveva ospitare il summit dei leader mondiali trasferito poi a L’Aquila) determinò che i lavori potevano svolgersi nelle more dell’acquisizione dei nulla osta. Ovvio che finito il “grande evento” quella deroga non aveva più ragione di esistere per cui la prosecuzione dei lavori delle nuove banchine non poteva esserci senza tutti i nulla osta. Nel caso specifico mancava la valutazione di impatto ambientale. Da qui l’intervento della magistratura ed i sigilli al cantiere. L’istruttoria riguardò anche il presunto smaltimento di residui di lavorazione altamente inquinanti. Raccolte le prove la magistratura in pochi mesi restituì il cantiere dissequestrato all’ente portuale. Sull’intervento della magistratura ci fu un vero e proprio apriti cielo. Una sorta di lesa maestà. Alla magistratura si è continuato ad addossare colpe sulla mancata ripresa dei lavori. Pochi sono stati disponibili a notare che il sequestro è durato pochi mesi, nel 2006 il cantiere era tornato disponibile e se i lavori non sono ripresi è perché i nulla osta non è stato facile concederli. Adesso i lavori si sono sbloccati nello stesso tempo il processo avviato per gli abusi e le irregolarità commesse si è concluso dinanzi al gup di Trapani (giudice Lucia Fontana) con una sentenza che ha dichiarato in parte prescritti i reati per alcuni imputati e altri imputati sono stati assolti del tutto. Circostanza questa che a qualcuno ha fatto scrivere, criticamente rispetto all’operato della magistratura, “tanto rumore per nulla”.

Nella sentenza le cui motivazioni adesso sono state depositate il giudice Fontana, il giudice quindi, nemmeno il pm, critica la osservazione: “la conclusione (dibattimentale ndr) non consente in considerazione del contenuto degli atti di indagine di affermare con shakespeariana ed in conferente citazione “molto rumore per nulla”. Dagli atti infatti emergono una pluralità di vicende di indubbio rilievo penale…”. Lungo l’elenco dei reati, quasi tutti di violazione delle norme della tutela ambientale, a cominciare dal traffico illecito di rifiuti. Tra i principali soggetti coinvolti l’ex commissario e presidente dell’Autorità Portuale, ing. Emilio Baroncini. Nodo del contendere è una collinetta di rifiuti (terre da scavo) che ancora oggi è possibile vedere alzando lo sguardo verso la parte del porto dove c’è questo cantiere. Secondo la Procura lo smaltimento di questa terra stava avvenendo fuori da ogni regola, terre usate per realizzare una colmata a Marsala o addirittura portate in discariche di Rsu, trattandosi invece di terre provenienti anche da escavazioni marine, e i fondali del porto di Trapani fino a poco tempo addietro raccoglievano gli sbocchi fognari della città, per cui certamente non erano poco inquinate. Le difese degli imputati hanno sempre eccepito la non pericolosità, il gup Fontana invece non ha dubbi: “i materiali provenienti dai lavori erano rifiuti speciali e non assimilabili alle terre di scavo, taluni risultano rifiuti speciali pericolosi…i lavori non comportavano esclusivamente lo scavo di terre emerse ma anche ingenti lavori di dragaggio”.

E sulla esecuzione dei lavori: “…venivano condotte senza le autorizzazioni delle autorità preposte alla tutela del vincolo paesaggistico e in assenza della necessaria concessione demaniale”. Tanto rumore per nulla? Certamente si tratta di una affermazione infondata. Il processo ha messo in evidenza l’assenza dei controlli, ma anche questa parte processuale si è conclusa con pronunce di prescrizione, i reati però anche in questo caso ci sono e non sono di poco conto. Tra le cose che vengono fuori vi è per esempio la circostanza che il riempimento per una banchina portata invece a compimento è stato fatto usando “rifiuti contenenti sostanze pericolose” perché si trattava di residui provenienti dai dragaggi finiti dentro i cassoni di cemento usati per formare la banchina.

Oggi al porto di Trapani c’è una banchina, quella di Isolella, usata per gli approdi commerciali (e che in occasione della Coppa America del 2005 ospitò il quartiere generale dei team in gara) nel cui sottosuolo vi sono rifiuti pericolosi., rifiuti altamente tossici. Un’altra parte di rifiuti finirono addirittura nalla discarica di Rsu di contrada Borranea di proprietà del Comune di Trapani. Ed è come se nessuno ha colpa di queste gravissime violazioni sebbene il pronunciamento del giudice sia parecchio pesante nel giudizio di questi comportamenti. Azione sanzionatoria, si ripete, fermata solo dallo scattare della prescrizione. “Più che un doloso preventivo allestimento organizzativo volto alla gestione abusiva di un ingente quantità di rifiuti, emerge dagli atti – si legge nella sentenza del gup Fontana – la estemporanea ancorchè spregiudicata ricerca di una soluzione al problema della collocazione dell’ingente materiale di risulta proveniente dal cantiere portuale…come se questo fosse un aspetto marginale”. Il processo dinanzi al gup si è concluso con la pronuncia di prescrizione per imprenditori e funzionari dell’ente portuale ed assoluzioni piene per alcuni degli imprenditori coinvolti nei lavori.

Il cantiere adesso ha riaperto i battenti con un problema da risolvere. Quello che il tempo trascorso ha corroso il ferro usato, anche se in un verbale uno degli imprenditori che ha deciso di svelare il sistema degli appalti pilotati in combutta con la mafia a Trapani (e quelli per la Coppa America rientrano in questo elenco di appalti controllati sebbene organi di vigilanza erano istituzioni come la Prefettura, il Comune di Trapani e l’Autorità Portuale), ha raccontato che in quel cantiere era stato portato del ferro di non proprio ottima qualità. E anche in questo caso nessuno ha visto.

Rino Giacalone