È quanto afferma, in un’intervista al Corriere della Sera, l’ex presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, che dopo sei anni alla guida degli imprenditori siciliani ha lasciato il testimone ad Antonello Montante.
“Diciamo – aggiunge – che abbiamo fatto la nostra rivoluzione culturale. Abbiamo cominciato dalla Sicilia, ma con l’occhio ai guasti del Paese. Un merito può essere quello di avere capito prima di altri che era finito un modello fondato sull’ostilità al mercato, alle regole, centrato sull’intermediazione parassitaria accettata da un pezzo del nostro mondo imprenditoriale”.
“Il codice etico – spiega Lo Bello – è lo sviluppo di una coerenza basata sull’impegno a liberare mercato e politica dalla pressione della mafia, della corruzione”. Per l’ex numero uno di Confindustria Sicilia “il mondo politico deve porsi il problema dei comportamenti che hanno un limite etico-morale. I partiti debbono darsi un codice etico vincolante. È un tema che va oltre la politica, riferibile a rapporti con organizzazioni mafiose, ma anche ad altre fattispecie che nei paesi civili portano quasi automaticamente alle dimissioni di chi riveste un ruolo pubblico”.
Per quanto riguarda le aziende pubbliche Lo Bello puntualizza: “Non coltivo il mito della privatizzazione. Ma queste società, gonfiate per alimentare clientele, hanno sperperato centinaia di milioni di euro. Occorre procedere con mobilità, cassa integrazione, formazione seria. Con coraggio. Mettendo da parte la codardia che ha accompagnato questiprocessi. Senza azioni di risanamento, non saranno solo alcuni ma tutti a pagare. Non si può sprecare denaro pubblico. E comunque il denaro pubblico è finito”. E sull’articolo 18 dice che “la riforma del lavoro sta dentro un progetto composto da pensioni, sistema fiscale, lotta all’evasione, liberalizzazioni… Un disegno organico che il governo Monti sta portando avanti, Non è una riforma per i padroni. Serve perchè ognuno accetti di fare un passo indietro per farne fare uno in avanti al Paese”.