L’occasione del concorso conclusosi con la premiazione degli alunni alla quale hanno partecipato docenti e genitori in una cerimonia che ha messo in evidenza l’impegno educativo della Dirigente Prof. Giannina De Bartoli e dell’intera comunità scolastica m’induce ad una riflessione storico-politica di notevole rilievo.
I Parlamentari del Regno d’Italia, per la durata di oltre un trentennio, non godevano di alcun trattamento economico: né stipendi né indennità. Ed era pacifico e universale convincimento che coloro che venivano eletti a rappresentare il popolo non avessero diritto ad alcuna retribuzione. La concezione censitaria alla base dell’elettorato attivo e passivo non contemplava il caso di parlamentari di bassa estrazione economica. Chi si candidava al Parlamento del Regno sapeva in partenza che avrebbe dovuto sostenere le spese di viaggio dal luogo di residenza alla capitale e quelle di soggiorno per espletarvi il mandato di cui era stato investito.
Mi piace riportare il brano di una lezione contenuta nella pagina 27 del fascicolo settimanale LA GUIDA del maestro elementare italiano dell’11 ottobre 1865. La lezione ha per titolo Dei diritti e dei doveri: elezioni politiche.
In forma catechistica alla domanda degli alunni:
- I deputati non hanno diritto a qualche retribuzione od indennità?
segue la risposta:
- No; ed è bene. Quanta gente brigherebbe per avere un posto di tanta importanza, se vi fosse unito un assegnamento! L’indipendenza dei deputati avrebbe a soffrirne; e il popolo terrebbe in minor pregio un ufficio così elevato.
Fu così che Vincenzo Pipitone si avviò con passione e determinazione alla vita politica. Ma esaurite le sue scarse risorse economiche derivanti dall’insegnamento fu ben presto costretto ad avvalersi delle collette tra i suoi elettori e sostenitori per poter acquistare i biglietti di viaggio e per soggiornare nella Capitale. Ma qualsiasi slancio oblativo ha un limite e il nostro Deputato fu costretto a rassegnare le dimissioni dalla carica parlamentare. Il buon senso degli onorevoli Colleghi e la stima che egli si era guadagnata presso di loro fecero sì che le dimissioni non venissero accettate e che invece venisse concesso all’On. Vincenzo Pipitone un periodo di aspettativa di quattro mesi al fine di riprendere l’attività professionale per il sostentamento suo e della propria famiglia.
L’episodio di cui fu protagonista in nostro illustre concittadino determinò nelle aule parlamentari la presa di coscienza del principio democratico fondamentale secondo il quale le condizioni economiche non debbono in alcun caso discriminare i cittadini nell’assunzione di cariche rappresentative degli interessi del popolo. Di conseguenza vennero emanate le norme per la corresponsione di indennità ai parlamentari. Principio sacrosanto che nel tempo purtroppo ha dato luogo ad abusi fino all’attuale situazione di una CASTA che puzza di malaffare e di sordida corruttela.
Elio Piazza