La testata è davanti al concreto rischio di chiudere, a causa dei conti in passivo e il ministero dello Sviluppo economico ha avviato una procedura di liquidazione coatta amministrativa del quotidiano, messo in ginocchio sul piano economico con la riduzione drastica dei contributi all'editoria elargiti dalla presidenza del Consiglio. «La messa in liquidazione coatta, è una procedura purtroppo obbligata - ha spiegato a Benedetto Vecchi, membro del comitato di redazione del giornale - dal momento che abbiamo registrato in chiusura di bilancio un passivo che è stato comunicato alla lega delle cooperative che ha di conseguenza informato con una relazione il ministero dello Sviluppo economico che esaminato il bilancio 2011 ha avviato la pratica». «Nonostante la ristrutturazione operata e i tagli al personale, non riusciamo ad andare avanti senza una parte costitutiva del nostro bilancio, i fondi per l'editoria», spiega ancora Vecchi. «In concreto - aggiunge - adesso verrà un signore del ministero che avrà potere di vita e di morte sui giornalisti, ma non staremo a guardare. Abbiamo avviato un progetto di gestione in pareggio del bilancio corrente, basato sul contenimento dei costi di produzione attraverso una ricalibrazione del prodotto editoriale».
IL LETTORATO - Per non uscire di scena il Manifesto punta forte sui suoi lettori e Vecchi spiega che per questo «abbiamo lanciato una sottoscrizione che faccia entrare soldi freschi nelle casse del giornale e la campagna "zitti no" che consiste nella richiesta ai nostri lettori di acquistare due copie del quotidiano e darne una ai propri amici, per raddoppiare le vendite». Iniziative che coinvolgano i lettori, dunque, ma non solo. Per salvarsi, e salvare una voce importante del panorama dell'informazione e dell'opinione nazionale, il comitato di redazione del Manifesto annuncia anche proteste simboliche davanti alle sedi del Parlamento. «Ci muoveremo - spiega ancora Vecchi - insieme all'Fnsi e a Mediacoop per mettere in atto iniziative pubbliche di protesta, che prevedano anche sit-in davanti alle sedi di Camera e Senato, a partire dall'inizio della prossima settimana. Non siamo ancora morti, venderemo cara la pelle». «Siamo giunti all'ultimo miglio della nostra battaglia», ha spiegato Norma Rangeri, direttore della testata nel corso di una conferenza stampa oggi. «Pur con la ristrutturazione e i tagli al personale - ha aggiunto - non riusciamo ad andare avanti senza una parte costitutiva del nostro bilancio che sono i fondi per l'editoria. Non sarà facile resistere, resistere, resistere, ma prima di farci chiudere faremo il possibile».
LA CHIAMATA A RACCOLTA - «Oltre ai fondi pubblici, abbiamo bisogno in questa fase del sostegno dei nostri lettori. Per questo lanceremo la campagna 1000 per 1000 cioè una donazione di mille euro da parte di mille persone per raccogliere un milione di euro». Lo ha annunciato il presidente del Cda e storico direttore del Manifesto, Valentino Parlato. «Il giornale nell'ultimo periodo si è addormentato ed ha ceduto copie - ha proseguito Parlato -, per questo ora dobbiamo diventare più aggressivi, lanciare un giornale di lotta». Parlato ha spiegato che «ora si apre una gestione commissariale che controllerà tutto. Noi dobbiamo collaborare con il commissario per una ripresa delle vendite, e se questa non ci sarà al commissario non resterà che sciogliere la cooperativa e mettere all'asta la testata». In conferenza stampa è stato spiegato che la testata del Manifesto quindici anni fa fu valutata intorno ai 29 miliardi delle vecchie lire.