Come accade sempre, oggi, si consumano le parole ed i giudizi sull’esperienza politica e sul ruolo dell’ex Presidente. E due, almeno, sono i punti posti sotto la lente di ingrandimento dei commentatori: come sia potuto accadere che un uomo, un democristiano conservatore, divenisse l’icona della sinistra e dei vari movimenti anti-berlusconiani e, poi, la (presunta) partigianeria dell’ex Presidente. Entrambe le questioni ritengo possano essere ricondotte ad una più ampia riflessione: Oscar Luigi Scalfaro ha incarnato in tutta la propria militanza politica ed istituzionale, da semplice deputato a Presidente della Repubblica, il ruolo di strenuo difensore della Costituzione, delle prerogative del Parlamento, dell’indipendenza della Magistratura. Per queste ragioni, non per altre, è stato avversato (e lo è ancora oggi) da coloro che, per diciassette lunghi anni, hanno ritenuto la Legge niente di più che un ostacolo all’interesse personale ed ai desiderata del proprio Capo. Non è stato un Presidente super partes, è l’accusa mossa da analfabeti delle regole democratiche: il Presidente della Repubblica non è un mero notaio ovvero un moderatore del dibattito politico ma il garante ultimo e supremo della Costituzione. Come avrebbe dovuto mantenersi equidistante? Forse, permettendo che le leggi, da generali divenissero particolari? Permettendo che fosse consentito stravolgere il principio per cui la legge fosse uguale per tutti? Consentendo che venissero annullate le prerogative del Parlamento avallando la malafede politica e l’ignoranza costituzionale di coloro che ritengono che, sempre e necessariamente, alla sfiducia di un Presidente del Consiglio debbano seguire le elezioni, come se la nostra fosse una Repubblica presidenziale e non già parlamentare? La Presidenza di Oscar Luigi Scalfaro è stata improntata al sommo rispetto della legalità costituzionale ed è per questo che è stata avversata e vilipesa: perchè coloro che per 17 lunghi anni hanno inteso, ed intendono ancora oggi, la politica come strumento di potere al servizio di Silvio Berlusconi ed ai suoi interessi, imprenditoriali e giudiziari, hanno una concezione che è aliena dalla Democrazia. Che poi Scalfaro fosse diventata l'icona della sinistra e di vari movimenti anti-berlusconiani è la logica conseguenza di questa sua strenua resistenza democratica: in un Paese in cui la destra non è Einaudi ma è ridotta al Pdl, e dunque agli interessi di Silvio Berlusconi, chiunque introduca nel discorso pubblico i canoni della moralità pubblica, della sobrietà, del rispetto delle regole opposti ai bunga bunga, all'uso della informazione manipolata e all'abuso del Parlamento con la quotidiana aberrazione delle leggi-ad personam, di fatto diviene un oppositore dello stesso Berlusconi. Ma d'altronde, schierarsi a difesa della Costituzione contro la vergogna di un Parlamento che ritiene che Silvio Berlusconi volesse salvare la nipote di un Presidente straniero non significa essere “fazioso”. Significa, invero, essere dalla parte giusta, cioè dalla parte della legalità costituzionale.
Valerio Vartolo