In diversi casi la paura di rimanere a secco a portato la gente a recarsi ai distributori con i bidoncini per fare la scorta. E non sono mancati attimi di nervosismo quando dopo ore di fila i benzinai hanno chiuso perché il carburante era finito. In tutto ciò non sono mancati i casi di speculazione. Diversi cittadini ci hanno segnalato infatti che alcuni distributori, in vista dello sciopero, ne hanno approfittato per aumentare il prezzo del carburante. Lo sciopero degli autotrasportatori continuerà fino a venerdì. Chiedono la defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica, provvedimenti a sostegno dell’impresa e dei trasporti, il blocco delle procedure esecutive della Serit e l’utilizzo dei fondi europei per lo sviluppo per risolvere la crisi dell’agricoltura siciliana.
Le strade siciliane sono bloccate dai tir, ci sono code interminabili soprattutto all’ingresso dei grossi centri abitati. Una protesta finora civile, ordinata, quasi senza tensioni se si esclude un padroncino esasperato che non potendo forzare il blocco di Lentini ieri si è scagliato contro un manifestante con un coltello in mano, mandandolo in ospedale. Non è questo isolato episodio, però, che al momento preoccupa le prefetture dell’isola. Piuttosto, è il passa-parola che sta estendendo a macchia d’olio la protesta da una parte all’altra della Sicilia. E ormai non ci sono soltanto i camionisti perché si sono aggiunti agricoltori e pescatori che hanno cominciato a presidiare anche strade statali, ferrovie e porti, rallentando la circolazione di auto, treni e perfino dei traghetti.
“Non ci difende nessuno e allora facciamo da soli”, dice un camionista fermo davanti al suo Tir sull’autostrada Catania-Messina. Gli organizzatori hanno chiamato questi cinque giorni di blocco «operazione Vespri siciliani» e il riferimento è al 1282, alla rivolta popolare della Sicilia contro l’invasore francese. Stavolta, però, l’«invasore» si trova a Roma, è il governo: “Sono aumentati il costo del gasolio, quello dei pedaggi, quello dei traghetti per attraversare lo Stretto, davvero non ce la facciamo più”.
Il movimento l’hanno chiamato «Forza d’urto», l’obiettivo è quello di farsi sentire il più possibile per fare entrare i problemi dell’isola nell’agenda politica. Senza partiti, niente bandiere se non quelle gialle e rosse con la trinacria, la bandiera della Sicilia. Lungo l’autostrada per Palermo, come sulle statali interne dell’isola, le auto passano, ma attraverso strette corsie tracciate dai camion. In altre zone sono gli stessi Tir, che avanzano a passo d’uomo e fanno su e giù lungo lo stesso tratto di strada, a rallentare la circolazione: “Non vogliamo esasperare gli animi perché vogliamo la popolazione al nostro fianco, vogliamo fare capire che qui è in discussione il futuro della nostra terra”, ripetono. Mariano Ferro, agricoltore e leader dei “Forconi”, uno dei movimenti che ha aderito all’Operazione Vespri siciliani, spiega: “Il nostro appello è rivolto a tutti i siciliani che vogliono combattere la politica corrotta e incapace, i sindacati imbelli, le associazioni finte, il caro carburante, le cartelle esattoriali con tassi da usura, l’arroganza delle banche, la burocrazia cieca e ottusa”. Tra le organizzazioni coinvolte c’è anche l’Aias di Giuseppe Richichi.
Nell’ottobre del 2000 una protesta simile da lui organizzata, cominciata quasi in sordina, mise in ginocchio l’isola per settimane. I siciliani se la ricordano ancora quella protesta, gli scaffali dei supermercati vuoti e i benzinai senza più scorte. Stavolta non dovrebbe andare così - anche se la benzina ormai scarseggia - perché c’è un termine fissato, quello della mezzanotte di venerdì, per la fine della protesta. Almeno per gli autotrasportatori. Perché i pescatori, che ieri hanno cominciato a presidiare i principali porti dell’isola, da Catania a Palermo a Porto Palo, con ritardi nelle partenze e negli arrivi delle navi, dicono di voler andare