Il sostituto procuratore Monica Gargiulo ha avanzato richieste di rinvio per Andrea Tomasi, Renzo Carlini, Basilio Schenetti. La Mantia si lanciò dall'aereo con cinque allievi. Il paracadute si aprì regolarmente, ma poi di lei si persero le tracce. Il corpo fu rinvenuto dopo sei giorni in un laghetto. Secondo l'accusa nel preparare l'esercitazione sarebbero stati compiuti errori fatali per la giovane. Ad esempio, l’ordine di lasciare l’aereo sarebbe stato impartito dal direttore di lancio Andrea Tomasi solo quando il velivolo si trovava già oltre il limite meridionale della zona consentita.
Bruno Schenetti, istruttore di fune di vincolo, pur accorgendosi che la rotta e la verticale del velivolo non erano compatibili rispetto alle coordinate non si sarebbe attivato per disporre l’annullamento del lancio.
Renzo Carlini, direttore dell’esercitazione, non avrebbe predisposto le misure di sicurezza necessarie.
Tutti gli allievi atterrarono in un’area esterna a quella preventivata.
Melania La Mantia finì nel laghetto e non ebbe scampo. I suoi familiari, assistiti dall’avvocato Sabina Bonfiglio, si costituiranno parte civile.
Il corpo si trovava nel laghetto della cava La Bianca, dove si erano immediatamente concentrate le ricerche.
La giovane era in servizio presso il 46/o reggimento Trasmissioni dell’Esercito, a Palermo. Appassionata di paracadutismo sportivo, stava effettuando dei lanci privati, fuori dal servizio, per il conseguimento del brevetto di paracadutismo civile.