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06/01/2012 08:17:18

Ubbidire alle autorità: sempre? A tutte? - Risponde il teologo

1.Il problema del rapporto del cristiano e della chiesa con le autorità costituite è uno dei più seri che si pongano alla coscienza cristiana, ed è anche uno dei più difficili da risolvere sia perché la testimonianza biblica al riguardo, a prima vista, non sembra univoca, sia perché mentre si può dire, in un’ottica cristiana, che in ogni società organizzata è bene che si costituisca un’autorità (dove non c’è e regna l’anarchia, entra in gioco la legge del più forte, che è in sé iniqua),  succede spesso che coloro che rappresentano l’autorità, la rappresentano male e indegnamente, pervertendo il diritto e la giustizia, e in tal caso la disubbidienza è non solo legittima, ma doverosa. Ma vediamo anzitutto la testimonianza della Scrittura. Ho detto che, a prima vista, non è univoca, perché da un lato invita, in molti passi, alla resistenza e opposizione all’autorità costituita, e dall’altro, in altri passi, invita all’ubbidienza e sottomissione. Gesù stesso, come sappiamo, ha disubbidito in più modi e in diverse occasioni alle autorità religiose del tempo, che infatti lo hanno condannato a morte. Gli apostoli Pietro e Giovanni hanno seguito il suo esempio, e davanti ai membri del Sinedrio – suprema autorità giudaica – pronunciarono, quasi come una sfida, le parole trasgressive: «Giudicate voi se è giusto, al cospetto di Dio, ubbidire a voi anziché a Dio» (Atti 4, 19) – posizione ribadita poco dopo da Pietro con un’affermazione quasi programmatica: «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini» (Atti 5, 29), anche quando «gli uomini » sono le autorità costituite. Questa frase di Pietro è stata ripetuta innumerevoli volte da discepoli e testimoni di Gesù davanti ad autorità politiche e religiose, anche cristiane: ricordiamo Valdo davanti al vescovo di Lione e Lutero davanti alla Dieta di Worms e ricordiamo tutti i martiri antichi e moderni, che hanno preferito «ubbidire a Dio», cioè confessare la fede e osservare la sua Parola, piuttosto che «ubbidire agli uomini», che chiedevano loro di rinnegarla o di trasgredire la volontà di Dio. Secondo questa prima linea il cristiano riconosce l’autorità umana costituita, ma mette al primo posto l’autorità superiore di Dio e della sua Parola.  C’è però nella Scrittura una seconda linea che sembra suggerire – almeno a una prima lettura – un atteggiamento del cristiano più docile e sottomesso all’autorità costituita, perché – dice l’apostolo Paolo nel celebre passo di Romani 13, 1-7 – «non vi è autorità se non da Dio, e le autorità che esistono sono ordinate da Dio; talché chi resiste all’autorità si oppone all’ordine di Dio…» (Romani 13, 1-2). Un discorso analogo si trova nella I Pietro: «Siate soggetti, per amore del Signore, ad ogni autorità creata dagli uomini: al re, come al sovrano; ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per dar lode a quelli che fanno il bene» (I Pietro 2, 13-14). Senza poter qui esporre in dettaglio il pensiero politico implicito in questi passi, mi sembra abbastanza chiara l’affermazione centrale, che è questa: l’autorità istituita da Dio, alla quale tutti, a cominciare dai cristiani, si devono sottomettere (tra l’altro pagando le tasse: Romani 13, 6-7), è quella che amministra bene la giustizia, elogiando chi fa il bene e punendo chi fa il male. È vero che nel corso della storia Romani 13, 1-7 è stato interpretato come se il cristiano dovesse sottomettersi a ogni autorità costituita (Hitler compreso, tanto per fare un tragico esempio), qualunque cosa faccia. Ma se si legge integralmente il testo di Paolo, e non solo i primi due versetti, si vede che l’autorità alla quale il cristiano si deve sottomettere è quella che è al servizio della giustizia e delle «buone opere» (Romani 13, 3); se non lo è, il cristiano non deve sottomettersi, al contrario deve resistere e fare opposizione. Quindi questa seconda linea, a prima vista diversa dalla prima, le è sostanzialmente identica e la testimonianza della Scrittura su questo tema, pur con accenti e sottolineature diverse, è in fondo univoca. Rispondo dunque così alla prima domanda: il cristiano deve riconoscere l’autorità costituita, accettarla con gratitudine come una buona disposizione divina creata per consentire la pacifica convivenza tra gli uomini e amministrare la giustizia ponendosi «al servizio del diritto e della pace» (Sinodo di Barmen, 1934). Il cristiano sarà un cittadino leale, disciplinato e responsabile, ma diventerà disubbidiente quando l’autorità dovesse proporre o imporre leggi, norme o idee contrarie alla Parola di Dio o a criteri elementari di giustizia, libertà e verità.   2. Alla seconda domanda non sono in grado di rispondere. Come ogni altro cittadino assisto anch’io, impotente, alla crisi che tutti ci avvolge, non ho capito chi l’abbia scatenata, né so quali forze oscure e per lo più anonime la governino o cavalchino, né so per conto e a beneficio di chi. Non sono, propriamente, «autorità costituite» dalla comunità civile, ma di autorità, o meglio poteri, che si sono autocostituiti e non rispondono a nessuno del loro operato. Il problema qui è duplice: come difendersi da questi poteri occulti e soprattutto come impedire che si creino.   3. La risposta alla terza domanda è apparentemente facile: siamo tutti contro i tiranni e i regimi totalitari. Nel secolo scorso e ancora recentemente abbiamo visto imperi crollare, tiranni cadere ed essere barbaramente giustiziati da una folla inferocita oppure da un tribunale che conosceva la sentenza (di morte) prima di cominciare il processo. Ma il nostro lettore chiede giustamente: come cristiani, quale rapporto o giudizio dobbiamo tenere con loro? Lutero rispondeva così: in nessun caso il cristiano deve ribellarsi all’autorità costituita, quindi neppure al tiranno, lo deve sopportare, ma al tempo stesso deve invocare da Dio quella che è stata chiamata «la rivoluzione dall’alto», deve cioè chiedere a Dio con una preghiera insistente che abbatta lui, dall’alto appunto, il tiranno, come ha fatto tante volte. Bonhoeffer invece, nel secolo scorso, ha risposto in modo opposto: come si sa, egli ha partecipato, sia pure indirettamente perché era già da tempo in carcere, al piano di alcuni membri dello Stato maggiore tedesco di uccidere il tiranno. L’attentato (20 luglio 1944) purtroppo è fallito. Bonhoeffer era perfettamente consapevole che la sua scelta poteva non essere dettata dalla fede cristiana. Eppure l’ha fatta. Non c’è dunque un’unica risposta cristiana alla terza domanda: si può rispondere come Lutero oppure, sul fronte opposto, come Bonhoeffer (che era luterano!). Ciascuno deve decidere secondo coscienza, assumendosi davanti a Dio e agli uomini la piena responsabilità del suo atto. C’è però una terza via, ipotizzata da Giovanni Calvino: quella dei cosiddetti «magistrati minori». Calvino esclude, come Lutero, che una persona privata possa levarsi contro il tiranno, ma prevede che, come già nelle società antiche, greca e romana, anche in quella moderna si istituiscano dei Magistrati «per la difesa del popolo», con il compito di «opporsi e resistere alle intemperanze o crudeltà dei re»; se non lo fanno, devono essere considerati «traditori della libertà del popolo, di cui dovrebbero sapere di essere costituiti difensori per volontà di Dio»1. L’idea è buona, ma non mi risulta che l’istituzione di questi Magistrati sia mai avvenuta nella società moderna.
4. Durante la Seconda guerra mondiale, esattamente nel 1941, quando Hitler aveva conquistato gran parte dell’Europa e stava invadendo la Russia, quindi era al culmine della sua potenza, Bonhoeffer si trovava in visita a Ginevra, e durante un incontro con amici, il pastore Visser ‘t Hooft, futuro segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese, gli chiese: «Signor Bonhoeffer, lei, nelle attuali circostanze, per chi sta pregando?». Bonhoeffer rispose: «Se volete saperlo, prego per la disfatta del mio popolo, perché credo che sia questo l’unico modo di pagare il prezzo per le sofferenze che il mio paese ha inflitto al mondo ». È un esempio luminoso di preghiera «politica »: in essa c’è, per riprendere i termini del nostro lettore, l’intercessione (non a favore del vincitore, ma delle sue vittime), la benedizione (l’Europa liberata dal terrore nazista), la richiesta di caduta del tiranno. Ogni preghiera dovrebbe essere così.
1 Giovanni Calvino, Istituzione della religione cristiana, libro IV, capitolo XX, paragrafo 31.   Paolo Ricca - da 'Riforma n. 49 del 2011' - www.chiesavaldesetrapani.com