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06/01/2012 06:00:39

Sul caso di Gaetano Riina il Ministro Severino invia gli ispettori

L'ordinanza e' stata annullata dal tribunale del Riesame perche' il gip l'avrebbe emessa limitandosi a copiare le accuse del Pm.

IL FATTO. Se non ci fossero stati altri motivi per tenerli in carcere, oggi il fratello di Salvatore Riina, Gaetano, e il figlio di Francesco Sandokan Schiavone, Nicola, riacquisterebbero la libertà grazie a un pasticcio nell' emissione dell' ordinanza di custodia cautelare nei loro confronti che ha costretto il tribunale del riesame ad annullare il provvedimento. La questione è tecnica, ma ha risvolti paradossali che non sfuggono nemmeno a chi tecnico non è. Tutto nasce da una indagine della Direzione distrettuale antimafia di Napoli affidata ai pubblici ministeri Francesco Curcio e Cesare Sirignano e coordinata dall' aggiunto Federico Cafiero de Raho. Magistrati seri e competenti. Quelli, per intenderci, del pool che ha arrestato Michele Zagaria e, un anno fa, Antonio Iovine, i due grandi latitanti della camorra casalese. E alle attività delle cosche di Casal di Principe era dedicata anche l' inchiesta che circa un anno fa portò alla luce un' alleanza con la mafia siciliana per spartirsi il controllo dei mercati ortofrutticoli e dei trasporti su gomma delle merci. Nove gli indagati, per i quali i pm chiesero l' arresto al giudice delle indagini preliminari Paola Laviano. Le sottoposero una richiesta articolata e motivata che lei tenne sul tavolo per otto mesi e poi decise di accogliere, firmando le ordinanze di custodia cautelare. Ed è stato quando il provvedimento del gip è finito nelle mani dei giudici del riesame (presidente Angela Paolelli, giudici Rossella Marro e Stefano Risolo), al quali gli indagati hanno presentato ricorso, che è venuto fuori il pasticcio. Il collegio si è accorto che l' ordinanza era l' esatta copia della richiesta dei pubblici ministeri. Il gip aveva lasciato persino i passaggi in cui i sostituti Curcio e Sirignano parlavano appunto di «richiesta», oppure facevano riferimento a loro stessi, scrivendo «questo pm» o si rivolgevano al giudice usando l' espressione «codesto gip». Praticamente un copia e incolla. E il riesame lo scrive chiaramente: «Dalla lettura del provvedimento impugnato (l' ordinanza firmata dal gip Laviano, ndr ) emerge che lo stesso consiste nella totale trasposizione della richiesta del pubblico ministero». Una trasposizione alla quale il giudice delle indagini preliminari non ha nemmeno aggiunto le motivazioni che l' avrebbero convinta ad accogliere la richiesta dei pm, rendendo quindi il provvedimento automaticamente nullo. Il collegio del riesame non ha quindi potuto far altro che accogliere il ricorso degli indagati, senza nemmeno entrare nel merito nel materiale probatorio raccolto dalla Dda. Che ora può solo presentare una nuova richiesta, ma intanto tre dei nove arrestati (che non avevano altri conti aperti con la giustizia) sono tornati liberi.