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05/12/2011 10:44:56

Il cristianesimo non è un libro

La novità di Gesù è che il Cristo non ha posto un Libro quale codice di comportamento dei credenti, ma l’uomo. Nel Prologo all’evangelo di Giovanni (1,14) si legge questa importante affermazione: “La Parola si è fatta carne” : la Parola di Dio non si fa libro, ma carne, non un testo, ma un uomo. Il Libro può contenere gli eventi suscitati da questa unica Parola, ma non è la Parola. Non è un Libro rivelato o una Legge ritenuta divina, quindi, ciò che il credente deve osservare, ma il bene dell’uomo, che per il Cristo è al di sopra di ogni norma o precetto religioso. Mentre nella religione conta ciò che l’uomo fa per Dio, il cristianesimo nasce da ciò che Dio fa per gli uomini. Se nella religione è importante il sacrificio, nella fede lo è l’amore. Quando ciò non è tenuto presente, si rischia di disonorare l’uomo per onorare Dio, come fa il sacerdote protagonista della Parabola del Samaritano (Lc 10,30-37), il quale, trovandosi di fronte a un ferito, non ha alcun dubbio su quel che deve fare: il rispetto del Libro divino è per lui più importante della sofferenza del moribondo. Per rispettare la Legge, che proibiva a un sacerdote di toccare un ferito, sacrifica l’uomo. Quando al di sopra del bene dell’uomo si pone una qualunque verità, fosse pure divina, questa prima o poi si ritorce contro l’uomo, e il bene dell’uomo viene sacrificato alla dottrina. Per Gesù non basta che un testo sia considerato sacro, occorre anche che l’uomo venga considerato sacro. Per questo, mentre nelle religioni del Libro si sacralizza Dio, Gesù, Parola di Dio, ha reso sacro l’uomo. Quella di Gesù pertanto non può essere definita una religione del Libro, quanto una fede nell’uomo. Per Gesù l’unico valore assoluto è il bene dell’uomo e l’istituzione religiosa deve essere in funzione del bene dell’uomo e non il contrario. Tutto quel che fa bene all’uomo è buono e benedetto da Dio. E quando il bene dell’uomo è in conflitto con l’osservanza della Legge, quando la Legge è causa di sofferenza per le persone, questa può venire ignorata. Dai vangeli, infatti, emerge che ogni qualvolta si è creata una situazione di conflitto tra l’osservanza della Legge e il bene dell’uomo, Gesù non ha avuto esitazioni e ha scelto sempre il bene dell’uomo, ed è significativo che la maggior parte delle azioni e delle guarigioni operate da Gesù avvengano proprio nel giorno in cui queste non erano permesse: il sabato. Infatti, tra tutti i comandamenti, il riposo del sabato era considerato il più importante, al punto che lo si riteneva osservato da Dio stesso. In questo giorno la Legge proibiva di compiere qualunque attività. L’osservanza di questo comandamento garantiva l’ubbidienza del volere di Dio, e per la sua trasgressione era prevista la pena di morte, in quanto la violazione del sabato equivaleva alla disubbidienza di tutta la Legge. Per Gesù il bene dell’uomo è più importante dell’osservanza dei precetti divini, così non ha avuto alcuna esitazione a guarire le persone in giorno di sabato. Il criterio di quel che è bene e quel che è male, permesso o no, non si basa per Gesù sull’osservanza o meno del Libro, ma sulla pratica dell’amore, e l’amore non conosce alcun limite che gli venga posto. Gesù, inoltre, non solo ha trasgredito le prescrizioni contenute nella Legge, ma ne ha relativizzato l’importanza, attribuendo a Mosè e non a Dio alcune parti della stessa: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così”(Mt 19,8). Secondo la tradizione religiosa, ogni parola della Legge veniva da Dio stesso. Mosè aveva avuto il semplice ruolo di esecutore della volontà di Dio, ed era inaccettabile affermare che alcune parti provenivano da Mosè anziché dal Signore. Per Gesù quel che è scritto nella Legge riguardo al ripudio non manifesta la volontà di Dio, ma è un cedimento alla testardaggine del popolo, e quindi non gode di alcuna autorità divina. Lo scontro più clamoroso tra Gesù e il Libro è stato sul tema, importantissimo per i giudei, delle regole di purità rituali. Nel Libro del Levitico sono elencati gli animali che si possono mangiare in quanto considerati puri e quelli di cui è proibito cibarsi in quanto ritenuti immondi (Lv 11). Per Gesù la purezza o meno dell’individuo non consiste in quel che mangia, ma nelle sue azioni, smentendo di fatto il Levitico (“Così dichiarava puri tutti gli alimenti”, Mc 7,19.) Il Creatore non si manifesta, dunque, in un Libro, ma nella vita dell’uomo, non nei codici da osservare, ma nell’amore da accogliere; non chiede obbedienza alla Legge, ma assomiglianza al suo amore (Lc 6,35-36). Mentre la Legge non può conoscere la particolare situazione dell’individuo e la sua osservanza può essere causa di sofferenza, lo Spirito del Signore agisce in ognuno individualmente, sviluppando e potenziando quelle che sono le caratteristiche uniche e singolari di ogni individuo. Nei vangeli le prerogative esclusive della Legge divina, di essere fonte di vita e norma di comportamento degli uomini, vengono trasferite a Gesù. Il Cristo non promulga una Legge esterna che l’uomo deve osservare, ma comunica loro il suo stesso Spirito, un’energia divina interiore che rende gli uomini capaci di amare generosamente come si sentono amati (Gv 13,34). Per il cristiano, il codice di comportamento non riguarda una legge scritta ma l’adesione a una persona vivente: il Cristo, nuova e definitiva Scrittura per tutta l’umanità. Ciò appare particolarmente chiaro nell’evangelo di Giovanni, nella crocifissione di Gesù. L’evangelista afferma che Pilato scrisse un cartello con la scritta “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”, e lo fissò sulla croce. Poi Giovanni specifica che il cartello “era scritto in ebraico, in latino e in greco” (Gv 19,19-20). L’uso di queste tre lingue, quella degli ebrei, dei romani e dei greci, sta a indicare che Gesù, il Messia dei giudei, è “il salvatore del mondo” (Gv 4,42). Le tre lingue parlate nel mondo conosciuto rimandano al tempio di Gerusalemme, dove erano collocate delle lapidi con avvisi scritti in ebraico, in latino e in greco che avvertivano i pagani di non oltrepassarle sotto pena di morte. (“Nessuno straniero varchi la transenna di recinzione del tempio. Chi verrà acciuffato sarà responsabile verso se stesso della morte che ne seguirà” , Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica, V, 5, 194). Per l’evangelista Gesù è il nuovo santuario dove splende l’amore di Dio e il cui accesso non è interdetto a nessuno: avvicinarsi al Cristo non solo non provoca la morte, ma è la condizione per ricevere la vita. Ma i capi del popolo protestano con Pilato per la scritta posta sulla croce: “Non scrivere: Il re dei Giudei, ma: Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei” (Gv 19,21). Ad essi il Procuratore romano risponde: “Quel che ho scritto, ho scritto” (Gv 19,22). Per l’evangelista, lo scritto è ormai stato fissato e non si può più cambiare: Gesù crocefisso è la Scrittura definitiva che ogni uomo può leggere e comprendere, perché il linguaggio dell’amore è universale. Gesù crocefisso è il nuovo Libro nel quale chi sa leggere può scoprire chi è Dio e chi è l’uomo.   Violairis - 4 dic 2011 - www.chiesavaldesetrapani.com