I provvedimenti di custodia cautelare eseguiti nell'operazione "Dirham" (la valuta del Marocco) sono stati emessi con le accuse di associazione a delinquere, favoreggiamento e ingresso illegale nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari.
Le indagini sono cominciate quando un marocchino ha chiesto all'ufficio immigrazione della questura di formalizzare il ricongiungimento con la moglie, la palermitana Rosa Cocuzza, sposata in Marocco; ma la donna aveva già contratto matrimonio con altri due marocchini, e un altro ancora, nel dicembre 2008, aveva inoltrato alla questura la richiesta per il rilascio della carta di soggiorno perchè anche lui coniugato con Rosa Cocuzza.
In verità, la donna non viveva con nessuno dei suoi "mariti". Nel giugno 2009, intanto, il finto sposo era tornato in questura per definire il rilascio della carta di soggiorno; ritenendo di essere stato raggirato, ha denunciato la persona che lo aveva coinvolto in questa storia, ammettendo che il matrimonio era falso.
A capo della banda un palermitano, che godeva di una rete di complicità e conoscenze, localizzate dai poliziotti anche in Marocco. E' stato stimato che, per ogni matrimonio, venivano pagati oltre 10.000 euro. A due delle quattro donne arrestate è stato contestato anche
il reato di bigamia, dal momento che hanno contratto, rispettivamente, tre e due matrimoni con marocchini.