136 metri di lunghezza, 26 di larghezza e 18 mila tonnellate di portata. "La più grande petroliera mai costruita in Sicilia" recitava la cartella stampa. Il prete a benedire, il suono delle sirene, l'anziana madrina della nobiltà trapanese a battezzare la nave con il classico rito della bottiglia (non si sono fatti mancare niente: una Mathusalem da 6 litri, realizzata appositamente dalle cantine Ferrari e personalizzata con il nome della nave e la data del battesimo). E invece la "Marettimo M", quello che doveva essere il "gioiello di ingegneria navale" realizzato dal gruppo Satin - Cantiere Navale di Trapani non è stata mai ultimata. Quel giorno di Giugno di due anni fa hanno solo scherzato. Gli hanno messo il nome, ("naming ceremony" riportava il programma ufficiale). Nessuno credeva che quella commessa da 40 milioni di euro affidata da Augusta Due, uno dei maggiori armatori italiani, al gruppo Satin - Cnt, rimanesse incompiuta. E invece così è stato.
"La consegneremo tra tre mesi - dichiarò in quell'occasione Giuseppe D'Angelo, Presidente della Satin - Cnt". Non è stata mai consegnata. E' ancora lì. Ai cantieri.
LA CRISI. Ai Cantieri Navali sono impiegati 59 lavoratori. Il gruppo Satin - Cnt li vuole mettere tutti in mobilità: non c'è più lavoro, dicono. Da dicembre del 2010 sono già tutti in cassa integrazione. Il licenziamento è vicino. Così gli operai hanno cominciato un presidio permanente. Dormono in una tenda da campeggio all'ingresso del cantiere, i loro familiari organizzano banchetti e cortei nel centro di Trapani, scendono e salgono dalle gru (alcuni minacciano anche gesti estremi) nel più totale silenzio della politica e delle istituzioni. "Non capiamo il perchè di questa crisi - dichiara un operaio, Enrico Culcasi- perchè il lavoro c'è. Non ci fanno lavorare non perchè manca il lavoro, ma perchè non si vuole lavorare.."
IL PROGETTO. Augusta Due, che aveva commissionato la Marettimo M, è un gruppo specializzato nel trasporto di prodotti per l'energia e derivati petroliferi sia allo stato grezzo che raffinato, che opera con una flotta di 26 navi noleggiate alle più importanti multinazionali del settore tra cui Eni, Shell, Agip, Exxon e Total Fin.
Il progetto per la Marettimo M è nato nel 2006 con il Banco di Sicilia, è finanziato da Unicredit Leasing, Unicredit Corporate banking, Banca Nuova, Intesa San Paolo e Montepaschi Siena. La petroliera doveva essere utilizzata da Augusta Due in "time charter", ovvero dove essere ceduta in un contratto di noleggio a tempo per il gruppo Eni che quindi l'avrebbe dovuta utilizzare per i suoi trasporti di carburante.
"Marettimo M. (M sta per Mednav) - spiega la scheda tecnica - è dotata dei più avanzati mezzi di sicurezza, tra cui la doppia carena, un'intercapedine di circa 1,5-2 metri tra lo scafo esterno e le cisterne di carico che impedisce, in caso di collisione, che il carico si versi in mare. La nave, una "ice class", ovvero dotata di particolari rinforzi che la rendono adatta a navigare anche nei ghiacciai, verrà impiegata in Europa. Essendo più larga degli standard rispetto alla lunghezza, potrà muoversi agilmente per le manovre nei porti piccoli".
MAI ULTIMATA. "Marettimo M" non è mai stata ultimata. Fino ad agosto, i lavori di completamento sono proseguiti, ma poi sono stati fermati «e la nave è rimasta incompiuta – sostengono i lavoratori del cantiere – a causa della mancanza di forza economica da parte della società». Il committente della nave, l’armatore Raffaele Brullo, a due anni di distanza dall’ordinativo, ha inviato un delegato per verificare lo stato di avanzamento dei lavori, con l’intenzione di trasferire la petroliera presso un altro cantiere per procedere agli interventi che restano. Così, lunedì scorso l’ingegnere Daniele Coppola ha raggiunto la sede del Cantiere navale per salire a bordo del natante e compiere una prima verifica. Si trattava di fare una prima ricognizione per trasferire la nave presso un altro cantiere ed ultimarla. Non c'è riuscito. Gli operai glielo hanno impedito: "Non lo abbiamo fatto entrare - racconta Culcasi - perchè quella nave è la nostra speranza, e rappresenta per noi la possibilità di poter tornare a fare il nostro lavoro". Dall'amministrazione aziendale sottolineano che la società vanta un credito di due milioni di euro per i lavori già effettuati. «E allora se ci sono questi soldi - dice sempre Culcasi - perchè ci mettono in mobilità?Dove sta l'insolvenza dichiarata dalla società?".
Il piano industriale presentato dal gruppo D’Angelo parte dalla chiusura del cantiere e la mobilità per tutti i lavoratori. Gli operai potrebbero venire riassunti dalla ditta che eventualmente rileverebbe l’azienda, ma ovviamente tutto è legato alla presenza di nuove commesse che allo stato attuale sono tutt’altro che certe. Ad ogni modo, un bel passo in avanti sarebbe finire comunque quello che si è già cominciato...