I ricercatori dell’University of New South Wales (Sydney, Australia) hanno scoperto due “talloni d’Achille” del virus dell’epatite C: secondo quanto riportato da un articolo apparso sulle pagine di PLoS Pathogens, il primo punto debole del virus è il momento della trasmissione, quando il microbo deve sopravvivere nel passaggio da un individuo all’altro. Il secondo è temporalmente localizzabile a circa tre mesi dall’infezione, quando il sistema immunitario inizia a combatterlo: momento in cui, spiegano gli autori, è possibile osservare una diminuzione significativa nella diversità fra le singole varianti del virus.
Entrambe le scoperte aprono nuove opportunità terapeutiche, soprattutto nell’ottica dello sviluppo di un vaccino efficace. Ma i ricercatori sono rimasti particolarmente sorpresi dal secondo tallone d’Achille dell’epatite: infatti il virus è noto per la sua notevole capacità di mutare, caratteristica che rende arduo il lavoro del sistema immunitario, e riuscire ad avere a che fare con “un numero inferiore di varianti significa che il virus è più facile da colpire”, spiega Rowena Bull, coautrice dello studio.
Secondo Fabio Luciani, che si è occupato dell’analisi statistica dei dati raccolti nella ricerca, “se potessimo aiutare il sistema immunitario ad attaccare precocemente il virus in questi ‘punti deboli’ potremmo eliminare definitivamente l’infezione”.