Immigrati non sono solo i tanti tunisini, africani o rumeni che vengono nella nostra Italia, e in particolare nella nostra Sicilia, lo sono stati anche i nostri antenati e continuiamo ad esserlo noi ogni qualvolta decidiamo di andare in un altro paese perché quello dove stiamo non soddisfa i nostri bisogni. Proprio di questo si è parlato sabato 16 aprile all’Istituto Tecnico “ G. Garibaldi” in occasione di un incontro con rappresentanti dei centri d’accoglienza e con testimoni di quello che era ieri ed è oggi l’immigrazione. Ad apertura dei lavori Giuditta Petrillo, vice presidente della CESVOB, ha presentato il programma dell’ associazione, il cui obiettivo è prevenire i disagi degli immigrati e degli anziani, attraverso varie attività culturali, d’alfabetizzazione, recuperi scolastici e tant’altro. Il Professore Nino Rosolia, coordinatore dei lavori,ha poi sottolineato che per un popolo come il nostro, che di difficoltà ne ha attraversate parecchie e che ancora oggi continua a subire umiliazioni, è inconcepibile non accettare e comprendere i problemi di queste persone simili a noi in tutto. Si continua purtroppo però a pensare che gli stranieri siano tutti degli assassini, dei ladri ma recenti statistiche hanno dimostrato che la percentuale dei reati commessi da loro e da cittadini italiani è la stessa e per di più il 10% di loro contribuisce a far aumentare il nostro PIL svolgendo mestieri che noi ci rifiutiamo di fare.
Particolarmente significativa è stata la testimonianza della signora Giovanna Marino, nata a Tunisi dove il padre era emigrato e costretta fin da subito ad emigrare ancora con la famiglia, fino ad arrivare a Chicago. La signora Marino ha evidenziato che America gli immigrati non venivano trattati con aria di diffidenza, e parliamo degli anni ‘60, atteggiamento che invece oggi continua a verificarsi in Italia. Sicuramente però la testimonianza che ha commosso un po’ tutti è stata quella di Koosì, un rifugiato politico togolese che è stato costretto a fuggire dalla sua terra, ad abbandonare la propria famiglia, il proprio lavoro, insomma tutto per far valere principi a cui noi non diamo il giusto valore: DEMOCRAZIA E LIBERTA’. In nome di questi principi lui e i suoi compagni hanno subito le peggiori torture, sono stati ricercati, picchiati, imprigionati più volte e alla fine molti di loro sono stati costretti a lasciare tutto ed andare via. Adesso Koosì sta da noi a Marsala, si trova bene, è un mediatore culturale e svolge una vita serena, anche se il desiderio di vedere la sua patria libera continua ad ardergli dentro. Simile è il racconto di Joseph, un altro immigrato che non è mancato a questo incontro, nonostante non fosse del tutto in forma a causa di una ferita alla gamba provocata dai soldati quando stava scappando dalla Nigeria. Tutto ciò ha colpito moltissimo noi alunni, spesso tendiamo a seguire la massa e allora un po’ tutti sbagliamo e pensiamo male di queste persone: è un errore molto grave e sarebbe ora di smetterla. La cosa più bella è che dopo tutto quello che hanno passato hanno ancora la voglia di sorridere e vivere, proviamo allora a prenderli come esempio, non nascondiamoci di fronte ai problemi di un’Italia che sta andando a rotoli: loro hanno lottato, facciamolo anche noi affinché democrazia e libertà non affondino nell’indifferenza.
Ilaria Mucci IV Ap