Invece, a giudicare dalle ultime dichiarazioni degli esponenti PD, si vorrebbe continuare come se nulla fosse accaduto. Alcuni, poi, sembrano, altezzosamente, snobbare l’invito del segretario nazionale a riconsiderare le ragioni di quel sostegno, addirittura anche prima che fossero esaminate dagli organismi dirigenti del partito.
La gente, gli stessi elettori ed iscritti del Pd, difficilmente comprendono tali comportamenti.
Bersani, dunque, ha parlato a vanvera, senza cognizione di causa? Ha preso un abbaglio?
O sarà costretto a subire le pressioni interne, facendo un passo indietro?
Non desideriamo entrare nelle diatribe del Pd, tuttavia, di fronte a fatti e a posizioni cosi inequivocabili, coerenza vorrebbe che ci fosse una decisione (qualunque sia) degli organismi statutari e, perché no, anche una spiegazione all’opinione pubblica che segue, sempre più inquieta,
gli avvenimenti.
La “questione Lombardo”, l’anomalia dei suoi governi (ben quattro in tre anni!) è complessa e non nasce con l’inchiesta “Iblis” nella quale il governatore è accusato di gravi reati di mafia. La vicenda comincia nel maggio del 2009, con la decisione di modificare, ad un anno dalla sua elezione, la maggioranza che l’aveva eletto.
Un clamoroso ribaltone in palese contrasto con lo spirito della legge elettorale che non ammette flessibilità: se la maggioranza cambia, il presidente va a casa. Punto.
E non regge nemmeno la mitologia delle “riforme” varate o annunciate.
Quali sono? Quali risultati hanno prodotto?
A parte i titoli in rubrica, non sono state votate riforme vere, capaci di realizzare tangibili cambiamenti migliorativi della difficile condizione dei siciliani.
L’unica novità apprezzabile sono state le nuove regole per l’elezione dei sindaci. A ben guardare la realtà, nell’azione del governo e dei suoi sostenitori ci sono molta sociologia della comunicazione e rarissimi fatti concreti.
Per non parlare del baratro finanziario che si trascina nel tempo e oggi rende altamente improbabile l’approvazione di credibili strumenti di bilancio non come quelli varati dal governo l’altro giorno che l’on. Cateno De Luca ritiene palesemente falsi e comunque fondati su fantastiche ipotesi d’entrata.
A tutto ciò si aggiunge, a quasi tre anni dalla facile vittoria di Lombardo, la conclusione dell’inchiesta “Iblis” come elemento, a se stante, in un quadro globale alquanto incerto e deludente.
Insomma, tutti i nodi stanno venendo al pettine, senza che s’intravveda una via d’uscita onorevole e soprattutto coerente con i principi e i valori della buona politica.
Il quadro è chiaro per chi vuol vedere. Tuttavia, per evitare equivoci e vittimismi a buon mercato è opportuno distinguere fra i due piani politico e giudiziario.
Il processo vada per la sua naturale strada, senza interferenza alcuna.
Altra cosa è la valutazione in sede politica dei fatti di giustizia. I partiti, i loro esponenti non hanno, certo, bisogno di attendere la conclusione del procedimento per assumere le necessarie misure a tutela della loro libera iniziativa politica.
Prima Gianfranco Fini e poi Pierluigi Bersani questo hanno fatto con le loro pubbliche dichiarazioni.
Perciò, sorprendono le accuse di “presunzione di colpevolezza” lanciate da Lombardo nei loro confronti sol perché hanno posto un problema di opportunità politica, senza anticipare alcuna condanna. Così come vogliono il rigore di certa deontologia politica e una prassi consolidata.
A conferma di ciò, l’altro giorno, al Senato, il partito di Bersani ha votato per autorizzare l’arresto di un suo importante senatore pugliese.
Preoccupano, pertanto, la levata di scudi, le dichiarazioni arroganti di taluni esponenti parlamentari di questa alleanza ibrida che non esprime (ufficialmente) assessori ed è priva persino della dignità di una regolare maggioranza di governo. E questa, forse, la riforma della politica?
Sarebbe un disastro scoraggiare, stravolgere queste norme di comportamento esemplari, questi valori ancora presenti nel corpo sano della società alla quale, alla fine, bisogna riandare. Poiché, le vie dello scioglimento anticipato dell’Ars sono più di una.
In conclusione. Oltre le condotte autoreferenziali, il punto politico centrale è quello di verificare se c’è, e in che misura, una corrispondenza fra tali contorcimenti e le aspettative della società siciliana che anela ad una vera alternativa per il cambiamento.
Questo è il banco di prova, il punto di riferimento principale per ogni scelta politica.
In questo senso, la posizione di Bersani e Lupo (se non contraddetta nei prossimi giorni) credo sia per il PD siciliano l’ultima possibilità di uscire da una situazione sempre più insostenibile e incomprensibile, per ricominciare a progettare un futuro di centro-sinistra per la Sicilia e per l’Italia.
Vedremo presto se alle parole corrisponderanno i fatti o se ci troveremo di fronte a un nuovo episodio di gattopardismo politico sotto le insegne del Partito Democratico.
Agostino Spataro