La strage di Pantelleria si poteva evitare. Pessime le condizioni a Kinisia
Mercoledì l’ultimo episodio: due donne annegate a Pantelleria durante uno sbarco. Dal 1988, secondo i dati raccolti da ’Fortress Europè, sono quasi 16mila gli uomini, le donne e i bambini morti tentando di raggiungere l’Europa con i barconi. Per oltre quattromila di questi (4.249) il Canale di Sicilia è diventato la loro tomba, mentre altre 186 persone sono morte navigando dall’Algeria verso la Sardegna. Più della metà di questi morti non sono mai stati recuperati: le statistiche ufficiali parlano infatti di 3.110 dispersi.
Ma sulla strage di Pantelleria pesa come un macigno il dubbio che quelle vite si potessero salvare: "Non ci posso credere! Non ci posso credere che li hanno fatti morire. Perche' non sono intervenuti subito? Li ho chiamati ieri pomeriggio (martedi' ndr) tra le 18 e le 19 e si sono mossi dopo ore. Perche' non hanno mandato due motovedette veloci e basse per poterli trasbordare? Perche' sono passate oltre 15 ore prima che li soccorressero?". Lo ha dichiarato in un'intervista alla 'Repubblica' Antonio Grimaudo il comandante del peschereccio 'Cosimo Aiello', testimone delle ore precedenti la tragedia consumata sugli scogli di Pantelleria.
"Quel barcone - ha continuato il comandante - era stato avvistato da un altro peschereccio che non riusciva a comunicare, mi hanno chiamato via radio informandomi che 200 persone erano in balia del mare senza governo. Mi hanno dato le coordinate e mi sono avvicinato, a quel punto ho chiamato Compamare Pantelleria e Compamare Palermo (le due capitanerie di porto) ed ho avvertito che c'era un barcone in difficolta'".
"Eravamo a 22 miglia da Pantelleria, quindi relativamente vicini, dopo due ore e' arrivata la nave della marina militare 'Minerva' - ha raccontato Grimaudo - e dopo un po' anche una motovedetta tunisina che ha illuminato il barcone e quando ha visto che a bordo erano tutti neri, se ne e' andata via".
"Noi ci siamo allontanati un po' da quella zona - ha raccontato - la nave 'Minerva' ci consigliava di stare lontani perche' quel barcone poteva entrare in collisione con noi e con altri pescherecci che stavano pescando in quel tratto di mare". "Poi - ha proseguito il comandante del peschereccio 'Cosimo Aiello' - prima ancora che facesse buio, ho richiamato la capitaneria di porto di Palermo e di Pantelleria, ho chiesto loro di inviare sul posto delle 'Charlie Papa' (motovedette piu' piccole e veloci adatte al salvataggio ed al trasbordo), mi hanno risposto che stavano partendo da Pantelleria, ma non sono mai arrivate".
Per Grimaudo le due donne morte "si potevano salvare se avessero mandato le motovedette quando le abbiamo chiamate. Il mare era in buone condizioni si poteva effettuare il trasbordo. Invece non l'hanno fatto e quelle due povere donne sono morte".
''Pantelleria rimane una macchia nella nostra coscienza''. E' questo il monito lanciato da padre Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli - Jesuit Refugee Service, in occasione della presentazione del rapporto annuale sui rifugiati e richiedenti asilo. Il riferimento del gesuita e' alla morte di due donne migranti nel tentativo di approdare alle nostre coste.
''Governare onestamente il fenomeno migratorio - ha detto La Manna - significa occuparsi delle persone. La coscienza degli italiani non puo' rimanere tranquilla, dobbiamo recuperare il senso della vergogna''. ''Il fondo lo abbiamo toccato - ha detto ancora- quando abbiamo assistito alla morte di persone innocenti senza reagire, o la morte e' diventata qualcosa che ci lascia indifferenti, oppure dobbiamo recuperare il senso della vergogna. Facciamoci mettere in crisi dalle morti alle quali assistiamo''.
TENSIONE A KINISIA. Nel frattempo si registrano momenti di tensione alla alla tendopoli allestita nel vecchio aeroporto militare di Kinisia, a ridosso della frazione trapanese di Rilievo. La tendopoli ospita 800 migranti. Una decina sono fuggiti nei giorni scorsi, riuscendo a scavalcare la doppia recinzione. Ma gli episodi di escandescenze sono all'ordine del giorno, e la tensione è alta. Piccole rivolte nascono in continuazione, con tende divelte e forze dell'ordine - che presidiano il campo 24 ore su 24 - costrette ad intervenire. Qualcuno dei tunisini rinchiusi là dentro ha manifestato l'intenzione di appiccare dell fuoco.
Una delegazione di consiglieri comunali di Trapani ha fatto una visita al campo profughi di Kinisia. La delegazione ha riscontrato la sussistenza di condizioni sanitarie definite “pessime”, e all’unanimità ritiene assolutamente impensabile potere contenere in queste condizioni, e con questa formula logistica, tante persone immigrate o profughe, comunque arrivate dal nord Africa. La situazione socio-sanitaria viene ritenuta prossima al collasso, e certamente non in linea con lo spirito umanitario e solidaristico che sta alla base della disponibilità italiana ad ospitare quanti fuggono da condizioni di pericolo nel Maghreb.
La evidente presenza di liquami e la carenza di igiene rendono indispensabile garantire la salute non solo degli ospiti della tendopoli, ma anche del personale militare e civile che vi opera; la delegazione del Comune ha appurato che, nonostante le pessime condizioni ambientali, molti degli ospiti manifestano serenità e disponibilità al dialogo, anche se non mancano lampanti situazioni di disagio che comportano un evidente stato di agitazione: “non è possibile esporre i civili e le forze dell’ordine ad eventuali reazioni inconsulte, determinate da queste condizioni”, è il parere unanime della delegazione.
La Commissione ha assistito alla consegna di alcuni permessi di soggiorno temporanei; nel prendere atto con soddisfazione della possibilità data ai profughi di regolarizzare la loro posizione con il conseguente abbandono della tendopoli, i Consiglieri Comunali si sono augurati che nessun altro immigrato debba venire ospitato nella struttura, che ha dimostrato tutta quanta la sua inadeguatezza.
Il dato positivo riscontrato nel sopralluogo è costituito dalla folta presenza di Forze dell’Ordine, che vale a restituire serenità agli abitanti della zona.
Un encomio e la più sentita solidarietà, congiuntamente ai ringraziamenti, sono stati rivolti alle Forze dell’Ordine ed ai Civili che sono impegnati presso la tendopoli, che stanno garantendo assistenza e ordine; un sincero grazie è stato espresso anche al Questore di Trapani, che, pur in condizioni di estrema difficoltà, ha assicurato la presenza costante dei suoi Uomini, garanzia del rispetto delle leggi e della sicurezza pubblica.
La delegazione del Comune, infine, ritiene opportuno e urgente che il Prefetto solleciti il competente Ministero affinché la struttura di accoglienza di contrada Milo sia ultimata il prima possibile, perché la tendopoli di Kinisia e altri eventuali accampamenti vengano definitivamente abbandonati, per rispetto della dignità umana degli immigrati, della sicurezza dei cittadini, per evitare possibili reazioni da parte di chi viene costretto a vivere in condizioni igieniche e ambientali tremende, e per evitare il diffondersi di vere e proprie epidemie.
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