Le "Norme sull'insegnamento della storia della Sicilia e dell'identità siciliana nelle scuole", il cui testo porta la firma di Nicola D'Agostino, dell'Mpa, prevedono un modulo di due ore settimanali che "dovranno tener conto della storia della Sicilia dalle sue origini sino ai tempi odierni, con approfondimenti critici e confronti fra le varie epoche e dominazioni, sull'avanzamento sociale, economico e culturale del popolo siciliano“.
Soddisfazione è stata espressa da D'Agostino, che ha commentato: “Si tratta di un grande risultato, perché sancisce, nell'ambito di applicazione delle leggi nazionali, l'autonomia scolastica locale prevedendo l'insegnamento del siciliano nelle nostre scuole. Un passo avanti verso il recupero della nostra tradizione culturale".
L'assessore regionale per l'Istruzione e la Formazione professionale della Sicilia, Mario Centorrino, nel salutare positivamente l'avanzamento della proposta di legge, ha voluto precisare che “il modulo D'Agostino non riguarda, se non all'interno di una narrazione più complessa, l'insegnamento del dialetto, ma piuttosto quello della storia della Sicilia, della sua letteratura, della sua lingua. Inoltre - ha sottolineato l'assessore - sarà presto integrato dalla proposta di altri moduli didattici così da completare il 'pacchetto' affidato dalla legge Moratti sull'autonomia della Regione".
L'idea di studiare il siciliano a scuola però non piace agli autori isolani. Vincenzo Consolo vede in questa iniziativa “una bella regressione sulla scia dei 'lumbard'", mentre per Andrea Camilleri è "deleterio legiferare l'obbligatorietà del dialetto"