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05/04/2011 10:19:45

Scrive Massimo Bellina, sul Marsala e il disciplinare di produzione

Il Marsala nella sua blasonata ma anche contrastata storia si è rivelato refrattario a tutti i tentativi, alcuni maldestri, di recupero della sua immagine. I tanti errori hanno giocato nella sua evoluzione commerciale un ruolo più importante della stessa abilità dei produttori. Oggi i consumi sono stagnanti, non crescono, e le Aziende peraltro decimate non riescono ad incrementare le vendite ma cercano di progredire acquisendo piccole quote di mercato dagli stessi concorrenti. In breve una crescita endogena alla cerchia dei cosi detti Marsalisti che sfrutta di volta in volta le difficoltà del produttore di turno e che nella maggior parte dei casi è basata sulla mera convenienza economica dell’acquirente. Il prezzo sembra in realtà essere oggi, soprattutto all’estero, il solo parametro che interessa il mercato e nessun valore si attribuisce alla storia, alla tradizione alla qualità del produttore. Nel virtuale, piccolo mondo del Marsala regna un’ anomala uguaglianza  che diventa un autentico motivo di frustrazione per le Aziende che hanno tanto investito sia nella qualità del prodotto che delle loro stesse strutture. La domanda che tutti ci poniamo è se tutto questo possa cambiare e come si possa restituire al Marsala una dignità che probabilmente ha avuto solo agli albori della sua commercializzazione. Quante volte abbiamo ascoltato l’aneddoto di Woodhouse. L’ Inglese che arrivato proprio qui in un momento in cui era forte la richiesta di vini dolci sul mercato del Regno Unito, si guarda intorno e scopre che forse c’era un modo per fare dei soldi con il vino prodotto localmente. Si dice che fosse un commerciante, che avesse conoscenze di business e che solo per caso aggiunse un po’ di alcol a quel vino che forse era già ossidato di suo per aiutarlo a raggiungere le coste inglesi senza danno. Certo le cose buone talvolta nascono da fortunate intuizioni ma personalmente mi sono sempre chiesto se questa storia fosse vera oppure se in realtà il Woodhouse non avesse già sperimentato a casa sua la versatilità di quel vino visto che già esempi di prodotti simili quali lo Sherry ed il Porto, gli erano familiari.

Trasferendo tutto ai nostri giorni, la questione riguarda il modo in cui viene percepito il Marsala dai consumatori mondiali. Dico mondiali poiché veramente il Marsala è conosciuto e c’è una forte discrepanza tra come viene inteso entro i confini nazionali in raffronto a quello che invece avviene all’estero. La definizione più appropriata è di certo quella di Cooking Wine ovvero vino da cucina. Una sorta di ingrediente, un aroma , un esaltatore di gusto, una salsa. Talvolta una mano santa per lo Chef, un tocco di classe, la ciliegina sulla torta. Vero o falso la bottiglia di Marsala non manca mai sul banco di cucina di un ristorante da New York a Tokyo, da Sydney a Los Angeles. Certo non era forse tra le intenzioni di Woodhouse quella di creare un succedaneo del dado da brodo, ma le varie vicende e la politica del laisser faire dei produttori hanno favorito la nascita e il consolidamento di questa connotazione del Marsala/vino da cucina. Oggi cambiare questo binomio non è facile anzi è decisamente difficile, un’impresa che se riuscita troneggerebbe nei libri di marketing. In realtà quando si parla di Marsala fuori dall’Italia la prima cosa che viene in mente è lo zabaione o  se si vuole essere più “ Americani” il classico Veal o cicken Marsala.

Tutti sappiamo che il Marsala è un vino DOC oggi DOP e come tale ha alla base un disciplinare di produzione. L’ultimo è datato 1984 e ricordo fu una specie di terremoto poiché finalmente decretò tra l’altro la scomparsa del sempre famoso Marsala all’uovo e le varie creme di contorno. Non che questo oggi sia sparito, ha solo cambiato nome tuttavia si ritenne allora questa mossa sufficiente a rilanciare i corsi del cosi detto vero Marsala. In realtà questo rilancio non c’è mai stato. Cambiano le leggi ma la mentalità rimane immutata. La filosofia commerciale delle aziende non si è evoluta in linea con le esigenze del mercato, le istituzioni hanno continuato a sbagliare le politiche di promozione e la gente non si è mai levata dalla mente il Marsala all’uovo. Ergo oggi le vendite di Marsala non eccedono di certo quelle del 1984 e l’immagine del prodotto è rimasta tale e quale cioè vecchia ed obsoleta. In pratica cambiare in modo significativo il disciplinare non è servito a nulla. Ora c’è da chiedersi se un’ulteriore modifica possa veramente determinare il rilancio del prodotto oppure se la toppa possa fare più danno del buco. La mia opinione è che la revisione di un disciplinare seppur importante non può da sola cambiare le cose. Una restrizione dell’area di produzione unitamente ad una riduzione delle rese può essere molto pericolosa mentre una razionalizzazione del numero di tipologie può essere un vantaggio in termini di facilità di comprensione. Ma vediamo perché. Un indiscriminato aumento dei costi dovuti ad una più scarsa offerta di materia prima non giova a nessuno e potrebbe all’estero determinare una forte contrazione dei consumi per un prodotto altamente price-sensitive come il Marsala. Inoltre è utile non dimenticare che al contrario di Porto o Sherry il Marsala non viene avvertito come migliorativo dell’immagine di chi lo consuma e non è quindi assimilato ad uno status symbol. Da sempre soffre di questo complesso d’inferiorità. In breve il mio ragionamento vuole mettere in evidenza un fatto inequivocabile. Se non si cambia prima l’immagine che il consumatore medio ha ormai radicata nella sua mente non serve cambiare il disciplinare. Servirà invece modificarlo quando l’approccio al prodotto sarà diverso e chi si avvicina al Marsala lo farà per avere una valida alternativa al Porto o allo Sherry e non di certo per dare più aroma alle scaloppine. Discuterne è comunque importante ma la chiarezza è d’obbligo. Detto questo non si può non considerare lo sfacelo in cui versa il mondo dei produttori dell’uva DOC. la cosi detta base.  Per intenderci quelli che hanno creduto e continuano a credere nell’importanza di una produzione che non è solo tradizionale ma che fa parte integrante del territorio. Una volta questa gente col reddito che se ne ricavava amava condurre una vita dignitosa e si vantava anche di mantenere i figli decorosamente. Questi stessi oggi mirano solo alla sopravvivenza e nonostante ciò rifiutano l’idea di riconvertire le loro vigne. La prendono come un vero e proprio tradimento e probabilmente un’offesa alla memoria dei loro padri. Mai nella storia di questo vino si è istituito un tavolo di trattativa interprofessionale che mettesse a confronto tutti gli elementi della filiera per trovare un giusto equilibrio tra prezzo delle uve e costi di produzione delle Aziende. Questo avrebbe giovato non solo ai rapporti di buon vicinato ma anche e soprattutto all’economia locale. La contrapposizione invece è sempre stata palese e la gestione di questo rapporto sempre manifestamente difficile. Da un lato gli imprenditori- industriali che si ostinano a non prendere coscienza della crisi e affermano che i prezzi li fa il mercato mentre dall’altro i produttori che non hanno la forza di resistere e spesso cedono a offerte che non consentono più nemmeno la sopravvivenza. Dissennate le contrapposizioni, miope la teoria di un mercato che fa i prezzi ma che in realtà sfrutta le debolezze dei produttori. Auspicabile se non imprescindibile quindi un confronto. Ma per cambiare le regole serve condivisione, non è pensabile agire a senso unico e non tenere in conto le esigenze di tutti inclusi coloro che il vino poi lo dovranno realmente vendere confezionato in una bottiglia. La discussione sul disciplinare può a mio parere servire a favorire un riavvicinamento delle parti e quindi ad aprire una stagione nuova. Tuttavia modificare la normativa senza una preventiva profonda analisi rischia di tramutarsi nell’ennesimo buco nell’acqua. Non illudiamoci poi che dal Marsala possa partire il rilancio dell’economia locale. Quello del Marsala rimane un consumo da nicchia con  riflessi relativamente scarsi sull’economia di un territorio. Non c’è dubbio però che questo vino possa giocare un ruolo di grande importanza all’interno di un progetto organico dove sinergicamente si facciano interagire tradizione enogastronomica ed attrattive culturali con l’archeologia al centro della scena. Il primo passo è ridare dignità ad un prodotto fiaccato nel corso degli anni dagli innumerevoli tentativi, molti riusciti di fare soldi senza guardare al futuro. Siamo stati per troppo tempo testimoni passivi di questo lento deterioramento che forse non ha precedenti nella storia e nella cultura vinicola del nostro Paese. Concludo quindi affermando che probabilmente al Marsala non serve in questo momento un nuovo disciplinare, la vigente normativa è in grado di garantire una efficace base di partenza. E’ invece assolutamente necessaria una gigantesca operazione di marketing in grado di restituire credibilità a un prodotto oggetto all’estero di pregiudizi e mistificazioni. La legge non è in grado di evitare le vergognose imitazioni che hanno in modo determinante colpito la dignità del Marsala. Vari tentativi hanno sortito effetti modesti. Riunire le forze e soprattutto i fondi destinati alla promozione in un progetto organico che nel medio lungo periodo possa essere di beneficio per il Marsala e la filiera che lo sostiene è di vitale importanza. Ricollocare questo nobile protagonista della nostra tradizione enologica nel segmento di consumo che più gli si addice e cioè la tavola al dessert è la mission che l’azione dovrebbe imporsi. I troppi sprechi di denaro pubblico e l’eccessiva carenza di professionalità tra coloro che tali fondi negli anni hanno allocato è segno di un’ ulteriore manifesta incapacità di gestire un problema che è ora diventato un vero e proprio cruccio per i produttori. Imperativo è garantire la sopravvivenza del Marsala e per questo siamo tutti chiamati ad un’azione di responsabilità. A partire da ora la partita si fa più dura e dall’atteggiamento di tutti i soggetti chiamati a decidere si vedrà se c’è veramente la volontà di dare al Marsala un’immagine forte e fornirgli tutti gli strumenti necessari ad affrontare con armi efficaci e non più spuntate come nel passato,  i suoi più blasonati concorrenti nell’arena globale. 



Native | 2024-07-16 09:00:00
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