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21/03/2011 20:49:35

Scrive Nino Ippolito, sulla cooperazione culturale siciliana nei paesi africani del Mediterraneo

  iniziative di «integrazione» fatti di mostre, conferenze, festival e convegni, come mai nessuno si è mai accorto della natura dittatoriale di questi regimi, della sistematica violazione dei diritti umani, e in sostanza della povertà cui era ridotto e tenuto il popolo in paesi come Tunisia, Algeria, Libia e Egitto ?

Quale «cooperazione culturale» hanno finanziato la Regione Siciliana e con essa, spesso in partenariato, i  ministeri degli Esteri e dei Beni Culturali ?

 

Dai primi anni ’80 anche istituzioni prestigiose – penso, solo per fare un esempio più immediato, alla Fondazione Orestiadi di Gibellina, il cui Presidente, il senatore Ludovico Corrao, figura storica della sinistra  e della cultura siciliana è stato notoriamente di casa nei palazzi del Governo a Tunisi come a Tripoli - così come l’Assemblea regionale siciliana o direttamente la Regione (penso alle fantomatiche «Casa Sicilia»), hanno intrattenuto con i governi e le istituzioni di questi paesi rapporti quantomeno ambigui, costruiti su un’idea certamente equivoca dello «scambio», che presuppone la conoscenza dei rispettivi paesi, delle loro istituzioni, delle loro società, e invece è stato unilaterale, e in quanto tale una rinuncia, credo anche consapevole, a non vedere quello che si poteva verificare semplicemente andando per strada, per vicoli, nei paesi, nelle campagne. Una rinuncia a non capire e anche un’autocensura alla quale non si sono sottratti i tanti giornalisti delle testate siciliane che in questi anni, al seguito delle numerose delegazioni, hanno alimentato il miraggio di popoli che dialogano in nome della cultura senza vedere che quei popoli volevano e vogliono pane, reclamavano e reclamano libertà.

Se per le istituzioni governative si potrebbero invocare spicciole ragioni di realpolitik («In un uomo di stato, la cosiddetta “cultura” è in fin dei conti un lusso inutile», scriveva Mussolini sulle pagine de «Il Popolo d'Italia» nel 1919), non mi pare che così possa essere per quelle culturali. Perché dagli uomini di cultura si deve pretendere il coraggio delle idee e quello della verità.

«Il compito degli intellettuali diceva lo scrittore Romain Rolland - è quello di ricercare la verità in mezzo all'errore». Possibile – mi chiedo - che nessuno dei tanti intellettuali coinvolti negli intensi «scambi culturali» con Libia, Tunisia, Algeria, Egitto, abbia visto gli errori che spingono oggi il popolo a ribellarsi ?

 

Temo, allora, che la «cooperazione culturale» siciliana sia stata in realtà uno e tanti strumenti del «fare politica» che conosciamo in Sicilia. Una «cooperazione» fatta di rapporti personali, spesso di puro potere, elitaria, ma abbondantemente pagata con soldi pubblici .

La sola attenuante che si può riconoscere a questi intellettuali e uomini di cultura può esser la condizione tratteggiata dal filosofo e sociologo tedesco Theodor Adorno: «Comunque agisca, l'intellettuale sbaglia» (Minima moralia, 1951).  A caro prezzo, aggiungerei.

 

Nino Ippolito



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