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09/03/2011 10:00:39

E Napolitano omaggia Franca Viola, alcamese, che disse no ad un matrimonio riparatore

La vicenda di Franca Viola è stata ricordata oggi da Giorgio Napolitano nell’intervento al Quirinale in occasione della Festa della donna. Il presidente, esortando a superare il concetto di donna-oggetto, e raccontando alcuni passi importanti compiuti nel percorso di emancipazione femminile, ha citato la storia della 17enne che, nel 1966, rifiutò un matrimonio riparatore dopo aver subito violenza sessuale.

LA STORIA - Il 26 dicembre 1965, Franca, figlia di una coppia di coltivatori diretti di Alcamo, in provincia di Trapani, venne rapita da Filippo Melodia, spasimante respinto. La ragazza venne violentata e segregata per otto giorni in un casolare; fu liberata dai carabinieri il 2 gennaio 1966. Secondo la morale del tempo, la ragazza avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo rapitore, salvando l’onore suo e quello familiare. In caso contrario sarebbe rimasta zitella, venendo additata come «donna svergognata». All’epoca la legislazione italiana, in particolare l’articolo 544 del codice penale, ammetteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto «matrimonio riparatore», contratto tra l’accusato e la persona offesa; la violenza sessuale era considerata oltraggio alla morale e non reato contro la persona. Ma, contrariamente alle consuetudini del tempo, Franca Viola non accettò il matrimonio riparatore. Suo padre, contattato da emissari durante il rapimento, finse di acconsentire alle nozze, mentre con i carabinieri di Alcamo preparavano una trappola: infatti, quando rapitore e complici rientrarono in paese con la ragazza furono arrestati. Il caso sollevò in Italia forti polemiche divenendo oggetto di numerose interpellanze parlamentari. Durante il processo che seguì, la difesa tentò invano di screditare la ragazza, sostenendo che fosse consenziente alla fuga d’amore, la cosiddetta «fuitina», allo scopo di mettere la propria famiglia di fronte al fatto compiuto per ottenere il consenso al matrimonio. Filippo Melodia venne condannato a 11 anni di carcere, ridotti a 10 e a 2 anni di soggiorno obbligato nei pressi di Modena. Pesanti condanne furono inflitte anche ai suoi complici dal tribunale di Trapani.