Sono le parole di Piero Calamandrei, pronunciate l’11 febbraio 1950 al congresso nazionale della Scuola. Il solo fatto che le parole di questo immenso giurista ed intellettuale suonino così attuali, ancora oggi, alla luce delle deliranti affermazioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, è sintomo, inquietante, del baratro civile verso cui il nostro Paese sta sprofondando. L’opera di destrutturazione e smantellamento, lenta ed inesorabile, dei capisaldi della nostra Costituzione è, ormai, il vangelo di una maggioranza parlamentare e di un governo il cui unico obiettivo è il piegarsi ai voleri di un Padrone che, ovunque, nel mondo sarebbe ai margini della vita civile. E così, contestualmente al picconare il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla Legge, è ora il turno della istruzione pubblica, descritta come luogo in cui vige la dottrina del nemico, e cioè il credo comunista, professato dagli insegnanti, tutti nemici dell’attuale governo. Ora, sarebbe fin troppo facile rispondere a simili idiozie, ad esempio, spiegando che non è possibile accettare lezioni circa l’etica ed i valori da un uomo che ha fondato il proprio impero sul malaffare e che, alla veneranda età di settanta anni, si diletta a frequentare minorenni e prostitute che recitano il ruolo delle sexy infermiere per il diletto del Drago, però non è possibile rimanere zitti. Lo impone il rispetto che si deve alla nostra Costituzione ed anche a coloro, maestri e professori, che, giorno dopo giorno, la onorano con il proprio lavoro. L’articolo 33 della nostra Costituzione recita che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Non è dunque il verbo comunista a essere temuto (la litania della menzogna la lasciamo ai discepoli della Setta di Arcore) ma è la libertà di pensiero a fare paura, perché, essa stessa, conduce ognuno di noi a divenire cittadino e non suddito, come vorrebbe il Caimano; perché la libertà di pensiero, l’esercizio mentale di sottoporre al dubbio ed alla critica ogni cosa sono gli anticorpi che rendono immuni un popolo dal populismo e dall’autoritarismo, dalle menzogne e dagli slogan, praticamente tutto ciò su cui fondano il proprio credo gli adepti di Arcore. Che la scuola pubblica impartisca, poi, una educazione (civile) che non sia (sempre) in linea con i voleri delle famiglie e magari con gli stili della maggioranza degli italiani dovrebbe essere, casomai, un vanto, e non una colpa perché la libertà di pensiero non è compatibile con un malinteso rispetto dei voleri familiari né lo è con una sorta di omologazione con i gusti del momento, per tacere, ovvio, delle sensibilità stesse di chi è al governo. Si diceva, anche, del rispetto che si deve a coloro che vivono, giorno dopo giorno, in una trincea fatta di mille disagi, di aule spesso fatiscenti, banchi vecchi di non pochi anni, lavagne con il pennarello (altro che mouse) in luoghi in cui spesso gli stessi insegnanti sono educatori, psicologi ed anche genitori. Lo fanno per uno stipendio che urla vendetta e con un consenso sociale ridotto ai minimi termini grazie ad un martellamento costante ed incessante che ha imposto, quale premiante, il modello del successo senza merito e fatica, del denaro come solo metro di giudizio delle umane capacità e dell’immagine come credo universale. Un navigare contro corrente, il lavoro di questi eroici insegnanti, che meriterebbe ben altra considerazione, che non lo sberleffo e l’ignobile accusa di impartire chissà quali indottrinamenti di stampo sovietico. Ma, come detto, non è l’insegnamento di Marx che viene temuto: è l’insegnamento della libertà che Berlusconi e la sua congrega di nani e ballerine al Governo non possono tollerare, perché la cultura ed il sapere hanno il non indifferente effetto collaterale di disvelare le menzogne, le fascinazioni collettive, le macchinazioni del fango con il rischio che le idiozie che da anni questi signori ripetono (sulla Giustizia, per esempio) rischierebbero di palesarsi come tali e non come libere opinioni. Io non so se gli insegnanti di questo Paese scenderanno in piazza per difendere il proprio onore e con esso la nostra Costituzione, ma se lo facessero sappiano che con loro c’è un Paese orgoglioso di difendere la scuola pubblica, che è presidio di libertà.
Valerio Vartolo