Sta accadendo ugualmente, in questo occidente siciliano, per un’idea certamente buona e giusta - quella del MARSALA quale VINO DELL’UNITÀ D’ITALIA – che rischia però di essere plagiata da altri vini meno titolati ma più furbi: e ciò, a causa di una incomprensibile congiura del silenzio che l’ottuso “sistema” locale sta diffusamente imponendo, con l’obiettivo dell’ennesimo assurdo suicidio (che costituisce una nostra antica specialità e che ci vedrà ora surclassare da altre denominazioni d’origine più organizzate, intelligenti e solidali).
E così, dopo aver rinunciato ad un monumento vero ed esserci distinti per una regata falsa, assisteremo (con la contentezza dei masochisti?) all’ennesimo storico scippo della nostra stessa identità, rassegnandoci a credere pure noi che l’unificazione nazionale sia cominciata altrove 150 anni fa, che Garibaldi e i Mille non siano mai sbarcati qui, che il vino non lo abbiamo mai prodotto né commercializzato e faremo a meno di verificare se – in questo periodo di profonda crisi economica – questo irripetibile riconoscimento di “patrimonio dell’Italianità” avrebbe attirato una nuova attenzione dei consumatori verso il Marsala.
E tutto questo perché (forse) non si vuole fare emergere la paternità della proposta ?!
Per riproporre una notoria (e anch’essa tragica) similitudine, c’è il rischio che finisca come a quel marito il quale, per fare un dispetto alla moglie…
Sarà poi strano se certi pesci, in piazza Loggia, ce li appenderanno di nuovo?
Avv. Diego Maggio