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11/02/2011 08:48:32

Scrive Valerio Vartolo, sul caimano e l'Italia

Democrazia pur di salvare se stesso ed il suo potere. Pronto a infangare, con la sua permanenza al potere, il nome di una Nazione intera dinanzi al mondo civile che non riesce a spiegarsi come in Italia si possa essere giunti sino a questo punto. Pronto, in una furia perversa, a invocare l’unico tribunale nel quale egli si riconosce, il popolo, in spregio alle moderne Democrazie, e alla tripartizione dei poteri per come intesa da Montesquieu,  in cui l’eletto, (e Lui non lo è in qualità di Presidente perché è nominato) chiunque esso sia, è soggetto alla sovranità della Legge, dimenticando, anche, che la nostra stessa Carta attribuisce la sovranità si al popolo, ma nei limiti e nelle forme proprie della stessa Costituzione, che altro non sono se non le regole e le procedure che Silvio Berlusconi ed il suo popolo ignorano e detestano. Quello che sta avvenendo (nell’ultimo mese, ma in realtà la storia va avanti da 15 anni) è il mutamento della nostra Democrazia in un regime populistico, con a capo un Sultano che in ogni altra moderna Democrazia trascorrerebbe le sue giornate nei tribunali. Lasciamo perdere, per una volta, l’elenco di reati commessi da Silvio Berlusconi (dalla cui responsabilità penale lo stesso è, più volte, scampato, a causa di depenalizzazioni di fatto, prescrizioni e leggi ad personam: questi sono fatti, incontestabili, che soltanto i ciechi o gli ignoranti possono non vedere) e osserviamo a cosa si è ridotto questo Paese, costretto, almeno una sua parte, a ergersi a difesa di un Capo, senza più alcuna dignità, ridotto alla stregua di dipendente di un Padrone. Le fotografie sono la scalata alle vette della politica di tale Nicole Minetti, nota, oggi, per la sua attività di selezione delle “vergini da offrire al Drago”, la scalata di altri figuri e cortigiani che della prostituzione intellettuale hanno fatto la loro ragione di vita (politica): sempre pronti a ripetere stanchi slogan e vetuste litanie in televisione o sui giornali. Emblematici sono: una frotta di parlamentari, yes man, nominati e prodighi, soltanto, nel violare la dignità della propria funzione in spregio all’articolo 54 della nostra Costituzione, sostenendo, per esempio, ipotesi di difesa (che a loro non competono) che se non fossero ridicole sarebbero tragiche, un Ministro della Giustizia che si contraddistingue per la costante delegittimazione della Magistratura nonché nel partecipare alle riunioni dei legali del suo Capo, un ministro, quello degli Esteri, che, dinanzi al terremoto che sta colpendo il Nord Africa, si prodiga nell’attività di postino per infangare il Presidente della Camera. Non c’è merito né onore né esempio nell’Italia di Silvio Berlusconi. C’è una distorsione quotidiana degli equilibri costituzionali, questo sì, piegati alle esigenze di un Capo. La stampa, che nel resto del mondo si pone a guardia del potere, è, pochi ed importanti esempi a parte, controllata dal Capo, così come la televisione, pubblica e privata. Omettere le notizie scomode, modificarle, tacerle, distorcerle: è questo il compito di quella pletora di cortigiani che portano al grande pubblico la parola del Capo, con ampio spregio del ridicolo. Uomini e donne pronti a usare la penna ed il microfono come manganelli adusi a colpire chiunque, per libera opinione o per dovere, incappa in Silvio Berlusconi: così una moglie tradita diventa “una ingrata velina”, un magistrato “reo” di aver condannato la Fininvest viene esposto al pubblico ludibrio, addirittura, per il coloro dei calzini  e così via in un interminabile (Boffo, Ariosto, Saviano, Ingroia, Caselli, Borrelli, Fini etc…) elenco di characters assassination.  Poi ci sono anche i cosiddetti “intellettuali” di Corte, i quali si contraddistinguono per la nobile attività di rivestire di dignità culturale (?) il fango che, invece, i manovali di Corte non riescono a nobilitare, e lo fanno scomodando, magari, Boccaccio per difendere “l’utilizzatore finale”. Il Parlamento, che nel nostro Ordinamento Costituzionale dovrebbe essere il fulcro della Repubblica, è ridotto ad una sorta di collegio difensivo del Capo: nessuna legge nell’interesse pubblico, solo leggi per i bisogni processuali del Cavaliere o di alcuni dei suoi sodali. Questa è oggi la Democrazia berlusconiana, una sorta di ossimoro peraltro. Un sistema di governo che si basa sulla corruzione, spesso anche delle menti, e sul linciaggio del “nemico”, sulla ripetizione di slogan anziché sul ragionamento nei fatti. Un sistema “culturale” che ha condotto, negli anni, a ritenere normale che un impero economico, in fondo, possa basarsi sul denaro della Mafia, sulla corruzione di magistrati e testimoni, sulla abiezione, sul prevalere della mistica del Capo anziché sulla maestà della Legge. C’è una distorsione quotidiana, perfino, del significato delle parole: viene invocata la privacy laddove ci sono ipotesi di reato; viene invocata la libertà del privato laddove le Istituzioni (regionali e nazionali) sono piegate ai voleri e ai desideri, alle esigenze ed agli umori di un Capo che le dispensa con cura; si straparla di moralismi laddove in gioco è la morale pubblica, non le lenzuola ma le mille menzogne raccontate al Paese. C’è, però, non ce lo possiamo nascondere, una parte del Paese che si è riconosciuta e si riconosce, anche oggi, in questo Sistema, ed è una parte di Paese che, in fondo, ritiene che la furbizia debba prevalere sulla intelligenza, che il successo non debba essere accompagnato dalla onestà, che l’Etica pubblica sia la bandiera dei perdenti. Che questo sia il frutto di un degrado culturale e dello sgretolamento di ogni Etica collettiva è tanto evidente quanto inutile refrain che non può consolarci dinanzi alla constatazione che questa parte di Paese resta immobile, incapace di un sussulto di dignità. Ciò che indigna è l’impazzimento che questo Sistema ha creato, perché, quella stessa parte di Paese che ha in Berlusconi il proprio Idolo, è la stessa parte che plaude all’introduzione del reato di immigrazione clandestina, che inneggia ai cacciatori di immigrati, rumeni in primis, perché “naturalmente” dediti a delinquere e lo dicono così, in spregio al ridicolo di votare un uomo che ha una propensione al crimine non indifferente e mentre plaudono a Vittorio Mangano, condannato per più omicidi di mafia. E’la parte di Paese che produce le “ronde” contro le prostitute di strada, salvo, poi, giustificare il mercimonio umano di “certe ville private”. E’ la parte di Paese che ripete, fino alla spasimo, che in fondo tutti vorremmo essere come Lui, senza neanche immaginare che possa esistere una Italia diversa, che ritenga che un posto di lavoro possa pure ottenersi per le proprie capacità, che il rispetto delle regole è l’anticamera della civiltà, che la fedeltà possa essere ad una idea (e perché no, anche ad un ideale) ma non ad un uomo e che in ogni caso la fedeltà non sia obbedienza, che le donne non siano trofei di caccia da esporre e che, in fondo, lo spettacolo di un ricco anziano che frequenta ragazze più giovani di lui di almeno trenta anni possa anche impietosire, per la desolante vecchiaia, anziché inorgoglire. Ecco perché è sempre più indispensabile compiere un elogio della nostra Costituzione, perché in questo si accentua la peculiarità di una Italia diversa, più pulita e sobria, che non può appartenere a Silvio Berlusconi ed ai suoi fan: una Italia che si fonda sui diritti dei lavoratori, sulla indipendenza della magistratura e dei poteri di garanzia e controllo, sulla uguaglianza di ogni uomo ed ogni donna dinanzi alla Legge, sulla difesa dei più deboli, sulla autonomia della politica dal denaro e da altri mezzi di potere, sulla disciplina e l’onore di chi ricopre cariche pubbliche, sul rispetto quotidiano di figure di uomini e donne che hanno dato la propria vita per lo Stato, in nome dell’unica libertà possibile che è quella dal sopruso: libertà che ci rende cittadini, non spettatori, clienti o servi. Questa è l’Italia che chiede le dimissioni di Silvio Berlusconi alias il Caimano.

Valerio Vartolo