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28/01/2011 15:38:10

Scrive Sebastiano Luppino, sul dovere di cambiare... nella normalità

nella storia della Sicilia e di quelle dominazioni fatte soprattutto di amore per una terra definita stupenda.

Nel suo viaggio In Italia del 1787 il famoso Filosofo e scrittore tedesco Goethe visitando la Sicilia scrisse: “L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine nell’anima, qui è la chiave di tutto!”

Nei tempi più recenti la famosa rivista National Geographic, stilando una graduatoria delle isole più belle del mondo, classifica la Sicilia insieme alla Sardegna al primo posto.

Eppure, nonostante la ricchezza dei paesaggi e la sua invidiabile storia, la Sicilia di oggi è diventata una delle regioni più povere d’Europa ed il Financial Times la definisce “il terzo mondo dell’Europa”.

Nelle classifiche di vivibilità stilate dal Sole-24 Ore le province siciliane restano agli ultimi posti e le strade piene di immondizia di Palermo ne sono la testimonianza più vera.

La Regione Siciliana che grazie alla sua autonomia Statutaria aveva precorso di cinquanta anni quello che oggi vogliono fare alcune regioni del Nord Italia, resta vittima di un sistema di familismo amorale che non gli consente di creare reali strategie di sviluppo economico o peggio tutto è realizzato nella migliore tradizione del Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare niente.

In questo quadro politico ed economico mi chiedo perché siamo diventati una delle regioni più invivibili d’Europa e cosa si può ancora fare per migliorare la vita in questa amata e tormentata terra di Sicilia.

Sulle cause storiche credo che molta colpa sia da attribuire alle conseguenze della dominazione spagnola che non ha creato, così come in altre regione d’Europa e d’Italia, il senso della democrazia.

Durante la dominazione spagnola l’unico obiettivo dei Nobili era quello di difendere il loro potere restando nella grazia di un Re lontano e distratto da altri interessi specialmente dopo la scoperta delle Americhe nel 1492. Ma le cose non cambiarono molto con i Borboni così come durante il Regno d’Italia che peggiorò notevolmente le condizioni economiche di una regione che aveva tentato di riscattarsi da una storia di povertà e di miseria durante la dominazione spagnola. Altro grave fatto storico e poi culturale si ebbe con la liberazione della Sicilia ad opera degli Americani dove la Mafia venne istituzionalizzata prima ancora che si votasse la Repubblica Italiana determinando poi nella politica regionale una pacifica convivenza con gli ambienti mafiosi o comunque di potere basato sulla prepotenza che resta ancora il sistema in vigore in molte pubbliche amministrazioni ma specialmente nella Regione siciliana una volta “Ricca Mamma” di meschini interessi affaristico mafiosi ed oggi alla ricerca di una strada di sviluppo fortemente frenata da molta classe politica inadeguata e comunque ancora fortemente legata a quelle vecchie logiche.

In questo quadro storico politico e sociale l’unica cosa da fare è il dovere di cambiare nella normalità!!

Cambiare affinché si creino vere condizioni di democrazia partecipata oppure, come diceva Platone, realizzare una politica dei filosofi che sappia portare l’amministrazione della cosa pubblica fuori dai vecchi schemi affaristico mafiosi determinati da uno sfrenato familismo amorale.

Ma anche questa analisi ha bisogno di un importante chiarimento. La mafiosità che i giudici non possono debellare nelle aule di Giustizia deve essere combattuta dalle persone di buona volontà e da coloro che restano ancora liberi e forti come avrebbe detto uno dei più illuminati politici siciliani e cioè Don Luigi Sturzo.

La mafiosità in Sicilia veste spesso i colletti bianchi di pubblici funzionari o di stimati professionisti che continuano a pensare che il danno della Sicilia stia solo nel mafioso con coppola e lupara senza riflettere che quel mafioso è ormai quasi distrutto dal sangue e dall’opera di nobili e coraggiosi magistrati come Falcone, Borsellino, Chinnici o da uomini delle forze dell’Ordine come Dalla Chiesa o Giuliano o da tanti anonimi uomini che con il loro quotidiano lavoro, fatto il più delle volte di normalità e di rispetto dei principi fondamentali nella Carta Costituzionale e nelle leggi, hanno contributo e contribuiscono a garantire le fondamenta della Repubblica.

Da ultimo ma non ultimo è di questi giorni un monito di sua santità Benedetto XV che ha detto che bisogna riprendere il cammino dei veri valori mentre le politiche economiche dei governi debbono privilegiare la base dell’economia che è e resta l’agricoltura diventata nel meridione solo un’attività che invece di creare ricchezza crea condizioni di deficit nelle aziende agricole e nella maggior parte delle famiglie che continua a “sotto vivere” di agricoltura.

Le persone libere e quindi le persone forti abbiamo il dovere di cambiare i modi di pensare e di ragionare in questa terra nella consapevolezza che la speranza è sempre l’ultima a morire.

Il Ministro Maroni, partecipando tempo fa ad un pubblico dibattito dove rappresentava al paese gli ottimi risultati ottenuti contro la lotta alla mafia, ha detto che in Sicilia c’è bisogno di normalità, c’è bisogno che l’imprenditore che decide di realizzare un’attività commerciale ottenga in tempi rapidi e nella più assoluta trasparenza e consapevolezza che le imprese sono la base di un sistema economico che deve creare benessere e sviluppo, ogni utile autorizzazione per realizzare la sua impresa. È necessario che il lavoratore che inizia la sua collaborazione con quella impresa ami il suo lavoro e prima ancora dei suoi diritti abbia chiaro quali sono i suoi doveri, è necessario che ogni pubblico dipendente si renda conto che ha un doppio dovere nel migliorare la comunità in cui vive, uno legato alla sua retribuzione e l’altro legato al fatto che le tanto auspicate parole possono tessere concretamente tradotte in attività a favore della collettività in cui vive.

Solo così potremmo combattere concretamente non solo la Mafia ma quella che in Sicilia è peggio della mafia che è la mafiosità, solo così potremmo sperare che i nostri figli non abbandonino la Sicilia per andare a studiare o lavorare nelle città del Nord atteso che le Università siciliane funzionano sempre peggio ed il lavoro scarseggia sempre di più.

Il dovere di cambiare riprendendo il cammino della normalità resta l’unica speranza per uscire fuori da quel familismo amorale che ha come inevitabile conseguenza la desertificazione culturale, sociale e quindi economica della nostra amata e tormentata terra di Sicilia

Dott. Sebastiano Luppino



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