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25/01/2011 21:29:39

Scive Valerio Vartolo, su Roberto Saviano e i magistrati che indagano su Berlusconi

accerchiato da una imbarazzante pletora di cortigiani che, in ogni programma televisivo, vomitano insulti su chiunque osi porre legittimi interrogativi. Questi imbarazzanti figuri parlano d’altro, si prodigano nel racconto di fatti ed atti che non conoscono, sovvertono le leggi, la procedura penale, stravolgono la realtà dei fatti, urlando e sbraitando. Come ho scritto la scorsa settimana, la litania della menzogna è per gli uomini del Cavaliere il marchio di fabbrica: ripetono che Silvio Berlusconi è vittima di un accanimento giudiziario, ma se avessero la decenza di leggere le sentenze scoprirebbero che ben prima del 94 il loro Capo fu condannato per aver mentito circa la sua appartenenza alla P2. Scoprirebbero che Silvio Berlusconi ha fondato il suo impero sulla corruzione di un magistrato (Metta), operata da Cesare Previti, suo braccio destro, con la quale si sottrasse la Mondadori a Carlo De Benedetti.: in quel processo il Cavaliere è stato prescritto grazie alla concessione delle attenuanti generiche che, notoriamente, presuppongono l’esistenza di un reato. Scoprirebbero, ancora, che ha corrotto l’avvocato inglese David Mills: questi è stato, infatti, condannato, per corruzione in atti giudiziari per aver testimoniato il falso. Nella sentenza di condanna si dice che a corromperlo fu Silvio Berlusconi. Ora, la corruzione è un reato a concorso necessario, cioè presuppone la partecipazione di almeno due soggetti, un corrotto ed un corruttore, e se, dunque, nel processo milanese Silvio Berlusconi si è salvato è soltanto perché la propria posizione è stata stralciata e poi congelata a seguito delle varie leggi ad personam. Scoprirebbero, ancora, che il loro amato leader ha incontrato più volte (in almeno due occasioni) boss mafiosi (fra cui Stafano Bontate), che ha utilizzato quale banca erogatrice di credito la Banca Rasini, (che Giovanni Falcone dimostrò essere la banca di Cosa Nostra) e che, ad oggi, le vicende che condussero alla nascita di Forza Italia sono oggetto delle inchieste sulle stragi mafiose del 92 e del 93. Scoprirebbero, anche, che non è affatto vero che Gaspare Spatuzza è stato ritenuto inattendibile: è accaduto che il ministro Maroni ha negato allo stesso il sistema di protezione, ma ben tre procure (Palermo, Firenze e Caltanissetta) lo hanno ritenuto credibile. La litania della menzogna, però, non conosce soste né vergogna: continua incessantemente. Gli opinionisti a libro paga del Cavaliere, sulla vicenda Ruby, dimostrano una ignoranza spaventosa (o forse mala fede) che in un Paese normale dovrebbe far inorridire. Parlano di privacy senza sapere che, quest’ultima, in ogni indagine, deve, necessariamente, subire dei limiti: nei casi di Cogne e di Avetrana, gli indagati cosa avrebbero dovuto dire o fare? Sostenere che nelle proprie case tutto è concesso? Parlano di competenze territoriali e funzionali senza conoscere nulla, perché se avessero la decenza di andarsi a leggere le norme e la giurisprudenza comprenderebbero che la Procura di Milano ha valide ragioni per ritenersi competente tanto territorialmente che funzionalmente. Parlano di mezzi abnormi: ebbene, i mezzi sono proporzionati alla ipotesi di reato e, nel caso di Berlusconi, si tratta di un giro di prostituzione (anche minorile) che in altre circostanze avrebbe potuto condurre all’arresto degli indagati stessi. Mi spiego meglio: nelle intercettazioni, Ruby, parlando con una amica, dice che Berlusconi le ha detto di “mentire, fare la pazza” in cambio anche di denaro. Fino al 17 gennaio risultano, finanche, bonifici bancari in favore di una ragazza: ebbene, si può sostenere che in altre circostanze simili intercettazioni avrebbero indotto i magistrati a ritenere esistenti le condizioni previste dall’art 274 c.p.p. (inquinamento probatorio) che avrebbero richiesto la custodia cautelare. Questi sono i fatti, non altri. Ma al di là delle ipotesi delittuose mi chiedo come sia possibile che il Paese non abbia un moto di sdegno: la magistratura accerterà l’esistenza o meno di una responsabilità penale ma non si può tacere dinanzi ai fatti storici, ormai certi. È normale che delle prostitute avessero il numero di cellulare del Presidente del Consiglio? È normale che il Presidente del Consiglio, di notte e trovandosi a Parigi, senta il bisogno di telefonare, 24 volte, alla Questura di Milano, per chiedere informazioni su una minorenne, spacciandola per la nipote di Mubarak? Davvero si vuol far credere che il denaro elargito attenga alla beneficenza? Sempre e solo a ragazze giovani ed avvenenti che vivevano in una unica palazzina? Nulla da dire, neanche, sul fatto che le signorine venissero scortate a casa da agenti di Polizia (lo hanno denunciato gli stessi poliziotti), il tutto mentre in varie zone del Paese gli agenti di Polizia sono costretti, eroicamente, a pagare di tasca propria la benzina delle volanti? Anche ammesso che queste ragazze vogliano ricattare il Premier, non esiste un problema di sicurezza nazionale? Sarebbe, poi, meglio stendere un velo pietoso sullo spregiudicato uso delle tv, in particolare quelle di proprietà del Leader, impegnate in una vasta opera di disinformazione o omissione di informazione da un lato, e dall’altro, senza timore di vergogna, utilizzando una minorenne per difendere il proprio padrone, il tutto sotto il rigoroso controllo del direttore di una nota rivista scandalistica, di proprietà di Berlusconi stesso, ma è solo una coincidenza, ovviamente. Come se ciò non fosse già sufficiente, si è costretti ad assistere agli avvilenti spettacoli di Ministri e parlamentari del Pdl che, senza alcuna dignità per le cariche che ricoprono, diventano autentici kamikaze televisivi, dimenticando, loro come il loro Capo, che l’articolo 54 della nostra Costituzione impone, a coloro che ricoprono funzioni pubbliche, disciplina ed onore. Dinanzi a quanto sta avvenendo ogni Paese civile sentirebbe il bisogno di urlare forte il proprio sdegno. Ed invece non accade nulla: accade, questo sì, che il Presidente del Consiglio si ostini, come ormai da 15 anni, a sottrarsi al legittimo giudizio dei Tribunali, utilizzando un linguaggio eversivo, credendo che la legittimazione popolare lo renda legibus solutus, come un monarca. Egli crede, come credono i suoi fedeli, che la Democrazia sia governo degli uomini e non governo delle Leggi, come Aristotele soleva affermare: ma mentre la prima forma di Democrazia conduce alla deriva autocratica e populista, la seconda, quella liberale, è la sola che vige nel resto del mondo occidentale. Se in Italia è in atto un sovvertimento delle regole democratiche questo sta avvenendo per mano di un uomo che si crede sopra le leggi, che ritiene la Democrazia un mero meccanismo elettorale e nulla di più, che non considera che operino quei principi di checks and balances tipici del moderno parlamentarismo, che non riconosce l’indipendenza e l’autonomia della Magistratura. Credo, caro Direttore, che ad ognuno di noi, anche qui a Marsala, spetti il dovere di difendere la legalità costituzionale e le regole democratiche. Credo (e spero) che le donne, anche di questa città, reagiscano allo spettacolo indecoroso e volgare di un anziano leader che frequenta ragazze, anche minorenni, elargendo loro del denaro e premiandole con cariche pubbliche, dimenticando che, con la riforma dell’Università, tutto il popolo berlusconiano ripeteva la cantilena del merito, prendendo in giro noi tutti. Auspico che in molti sentano l’esigenza di prendere le distanze da un Presidente del Consiglio che sembra la caricatura del noto politico calabrese interpretato da Antonio Albanese e che si rifletta sulla drammaticità democratica di un partito politico ridotto a consiglio di emergenza stretto intorno agli affari privati del suo leader. Spero sinceramente che tutto questo avvenga per ribadire che Noi non siamo come Lui. Perché in un Paese civile e democratico non soltanto questo Premier si sarebbe già dimesso, ma, invero, non sarebbe mai potuto diventarlo.

Valerio Vartolo



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