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17/01/2011 18:26:00

Scrive Valerio Vartolo, sulla giustizia a orologeria

Cicchitto, Bondi, Alfano, Sallusti o Belpietro (ed, ahimè, anche molti degli elettori del Cavaliere) contestare gli atti dell’inchiesta? Discutere del merito dei fatti? Mai, e questo perché quei fatti alcuni non li conoscono neanche, perché sono digiuni di Diritto e perché l’ordine è secco: bisogna ripetere, sino alla sfinimento, la stanca litania della persecuzione giudiziaria, a prescindere. Così sta avvenendo anche adesso, con il caso (gravissimo, invero) di Ruby. Berlusconi è indagato per favoreggiamento della prostituzione minorile e concussione: avrebbe, cioè, ricompensato alcune ragazze (fra cui una minorenne), per le loro prestazioni sessuali, con case in comodato d’uso, gioielli e denaro, e poi, nella famigerata notte della Questura, avrebbe, abusando del proprio potere, indotto un funzionario della Questura stessa a rilasciare la ragazza. Questi sono i fatti, non altri, ma tante, invece, sono le sonore fesserie, come al solito, propinate. Vediamone alcune. Si dice che l’inchiesta riguardi la vita privata del Premier e le sue abitudini personali: falso. Sempre, nelle inchieste, per far affiorare la zona d’ombra in cui si consuma un reato, si incide sulla sfera personale della gente, perché non potrebbe essere altrimenti. D’altronde Cogne ed Avetrana non hanno forse interferito con la sfera privata e personale degli indagati? Qualcuno se ne è lamentato, forse? Secondo aspetto: quelle che vengono definite “abitudini personali” per i magistrati sono reati, perché vi sono intercettazioni in cui si parla di denaro, sesso e ricatti. Cosa avrebbero dovuto fare i pubblici ministeri di Milano? Sorvolare? Se, ad esempio, nel corso di un festino una ragazza subisce un abuso sessuale (non è il caso di cui si discute, sia ovvio) dovrebbe essere preclusa l’azione dei pm sol perché emergerebbero particolari sulle abitudini sessuali dell’indagato? Ed ancora: si dice, con un malcelato pizzico di ardore virile, che in fondo Berlusconi non avrebbe potuto conoscere l’età della ragazza. Ebbene, nessun corifeo del Premier ha, però, spiegato che, nel nostro ordinamento, la tutela attribuita ai minori, per i delitti di stampo sessuale, prevede che l’errore colposo sull’età della “vittima” non rileva: in tal senso si è espressa anche la Corte Costituzionale (sent. n. 322/2007). Quindi, ciò che Berlusconi dovrebbe dimostrare, casomai, è che il suo errore sia stato inevitabile e non già meramente colposo: ma c’è qualcuno, di buon senso, che possa pensare che un Presidente del Consiglio non potesse, in alcun modo, risalire all’età di una ragazza sua commensale? E poi: se Ruby fosse stata maggiorenne perché richiederne l’affidamento? Altra storia: come dice l’avvocato Ghedini, Berlusconi sarebbe soltanto “l’utilizzatore finale”. Ebbene, anche se così fosse, sempre per la particolare tutela nei confronti dei minori, per la configurazione del reato di favoreggiamento della prostituzione minorile il semplice fatto di essere un cliente configura il reato, a differenza dell’ipotesi di prostituzione con soggetti maggiorenni, in cui il cliente non è punibile. Ma non finisce qui: anche se si trattasse di semplici performance, prive dell’atto sessuale completo, più volte la Cassazione ha sottolineato che al fine di configurare il cosiddetto “atto sessuale” è sufficiente anche il semplice palpeggiamento. Ma c’è di più: si dice che Berlusconi, ancora una volta, avrebbe saputo dalla stampa di essere indagato, ma anche questo è falso. Berlusconi ed i suoi avvocati avevano già ricevuto la comunicazione tramite un ufficiale giudiziario ed avevano nella propria disponibilità anche gli atti di indagine, come le intercettazioni che, allorchè conosciute dalla parte, possono diventare pubbliche ed infatti diventano tali solo oggi. Questo è il reale quadro di questa triste vicenda ma di questi argomenti in pochi, pochissimi, discutono: il resto del vociare si concentra sul fatto che “è un attacco, una persecuzione, uno stravolgimento dell’ordine democratico”, il tutto, come sempre, a prescindere dal merito. Questa desolante abitudine, come dicevo, procede, uguale a se stessa, da quindici anni. Ora, giudizio morale a parte (eppure è lecito domandarsi come sia possibile continuare a tollerare il degrado così profondo a cui Berlusconi ha condotto la nostra Democrazia, ammorbandola con comportamenti che, ovunque nel mondo, avrebbero condotto alla scomparsa dalla scena pubblica oltre che al discredito più assoluto) è possibile che nulla del merito interessi, lasciamo perdere ai parlamentari o ai giornalisti a libro paga del Padrone, neanche agli elettori del Cavaliere? Pur ammettendo (ma non è così) tempi sospetti e perfino grave inimicizia dei magistrati inquirenti, i fatti esistono ed interessano o no? Se Berlusconi ha commesso il reato di favoreggiamento della prostituzione la circostanza che a contestarglielo sia un magistrato che voti a sinistra cosa importa? Sarebbe meno grave il terribile atto eventualmente compiuto? Se chiunque di noi venisse multato per eccesso di velocità, c’entrerebbero le simpatie politiche del vigile? E’ questa l’unica domanda a cui i corifei del Premier dovrebbero rispondere, nessun altra. Eppure è lungo l’elenco delle leggende che avvolgono Silvio Berlusconi. Non è affatto vero, ad esempio, che nel 94 Berlusconi ricevette un avviso di garanzia mentre presiedeva un vertice internazionale: ricevette, invece, un invito a comparire per chiarire un incontro con un finanziere e soprattutto il contenuto di quell’invito, come agli atti, gli fu letto la sera prima da un ufficiale giudiziario. Non è affatto vero che i suoi processi originano dalla sua discesa in campo e che prima non ebbe mai grane giudiziarie: nel 1990 la Corte di Appello di Verona lo dichiara colpevole di falsa testimonianza per aver taciuto sulla propria appartenenza alla loggia massonica P2; tutti i reati contestati, poi, riguardano il periodo antecedente alla sua discesa in campo, dalla frode fiscale ai rapporti con Cosa Nostra. Infine, il processo Mills ha visto la condanna dell’avvocato inglese per corruzione: egli, infatti, ricevette denaro per mentire durante una testimonianza circa un procedimento a carico di Silvio Berlusconi. Ora, il reato di corruzione è un reato a concorso necessario, cioè può esistere se un soggetto corrompe un altro soggetto: ebbene il corrotto Mills è stato condannato, manca, appunto, il corruttore, che nelle motivazioni della sentenza risulta essere Silvio Berlusconi, la cui posizione venne, appunto, stralciata per evitare che le varie leggi ad personam colpissero anche il procedimento a carico di David Mills. Queste, caro Direttore, sono alcune delle verità di questi anni. Per altri, invece, per ignoranza o convenienza, valgono gli slogan, le balle, le fesserie raccontate dal Capo e ripetute come litanie. Povera Italia e poveri noi.

Post scriptum: la Corte Costituzionale ha parzialmente bocciato la legge sul cosiddetto legittimo impedimento. Anche su questo punto la litania della falsità ha marciato indisturbata per mesi. Si diceva che in tutto il mondo esistesse una sorta di immunità per i capi di governo: falso, perché esiste una immunità soltanto per i capi di stato e soltanto relativa ai reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni (non dunque reati quali la corruzione o la frode fiscale che, nel caso di Berlusconi, sono stati commessi in qualità di imprenditore). Si diceva che senza quella norma Berlusconi non avrebbe potuto governare: falso. Il nostro codice di procedura penale (art. 420 ter) prevede già la fattispecie del legittimo impedimento e dispone che sia il giudice a valutare se l’impedimento è, appunto, legittimo o meno. Proprio questa, ha detto la Corte Costituzionale, è l’unica strada possibile: stabilire (come faceva la norma bocciata) che bastasse una certificazione di Palazzo Chigi senza che il giudice potesse valutare la legittimità dell’impedimento significava minare il potere del giudice e l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla Legge. Questi sono i fatti.

Valerio Vartolo