Ad oggi l’ammontare del debito sarebbe di circa 1,2 milioni di euro. L’aumento del disavanzo è stato vertiginoso se si pensa che il bilancio 2009 si è chiuso con una perdita di 834.000 euro. La sopravvivenza dell’istituto non può essere garantita dalle sole rette degli ospiti. In media il denaro incassato per ospite è di 1000 euro contro un costo di 1500 euro per ospite.
Una situazione debitoria che va già avanti da alcuni anni e che ha generato le proteste dei dipendenti della casa di riposo: attualmente sono 32. Questi infatti vantano un credito per la cui estinzione sono state avanzate da tempo le vie legali. Mesi fa infatti sono stati pignorati 30.000 euro dal conto dell’ente per far fronte ad alcuni arretrati. Quali sono gli arretrati che i dipendenti aspettano ancora di incassare? Ben sette mensilità: due per il 2008; una per il 2009; quattro per il 2010 più le tredicesime del 2008, 2009 e 2010.
Poi ci sono i debiti con i fornitori e il rischio di vedere bloccata la fornitura di generi di prima necessità. L’estate scorsa si sono rischiate le dimissioni “forzate” degli ospiti per insufficienza di alimenti. Solo una convenzione tra i supermercati della città ha permesso il normalizzarsi della situazione con la fornitura gratuita di generi alimentari.
Oltre alla situazione economica nel tempo è peggiorata anche quella strutturale iniziando con la richiesta avanzata al sindaco nel 2008 da parte dei Carabinieri di chiudere due padiglioni dell’istituto fatiscenti e non adeguati al servizio. Poi sono avanzate le minacce di chiusura dei Vigili del fuoco in merito al ritardo sull’adeguamento della struttura per il rilascio del Certificato di prevenzione incendi la cui proroga era scaduta il luglio scorso. Il pericolo chiusura è però stato scongiurato con qualche mese di ritardo dall’Amministrazione che ha stanziato a dicembre 12.000 euro per la fornitura del gruppo antincendio. Insomma, quella struttura è stata per tre mesi senza impianto antincendio a norma. Ovviamente tutte queste questioni hanno fatto pensare ad un’ennesima casa lager in cui gli anziani venivano ospitati in situazioni disumane. Accuse però respinte direttamente dai dipendenti che più volte hanno garantito il servizio dignitoso seppur senza fondi necessari.
In tutto questo tempo come hanno reagito le istituzioni? I dipendenti e la CGIL hanno più volte protestato per la negligenza dell’Amministrazione nell’affrontare la crisi. Nel giro di pochi mesi sono cambiati, rimpastati e nominati CDA e presidenti che però non hanno portato ad alcun miglioramento dando vita in alcune circostanze a un vero e proprio fuggi fuggi da una barca che stava e sta per affondare. Nonostante i malumori dei dipendenti che hanno anche manifestato incatenandosi ai cancelli dell’istituto non è stata adottata nel tempo una politica di salvataggio dell’ente. Il sindaco Carini la primavera scorsa, nel periodo topico della crisi, ha sbandierato per risolutivo un provvedimento ordinario di 51.000 euro. Ordinario, appunto, ossia previsto dallo statuto dell’ente. La CGIL ha più volte lamentato una mancanza di trasparenza dei CDA che si sono succeduti. L’ex presidente della Casa di Riposo Bellafiore è arrivato a dichiarare in passato che parte dei proventi incassati dalla casa e che dovevano poi essere girati al Comune non venivano invece girati e quindi si accatastavano i debiti.
Nel luglio scorso, dopo varie insistenze da parte dei dipendenti, che nonostante tutto hanno continuato a prestare assistenza agli ospiti, l’ente è stato commissariato affidandone la gestione ad un commissario esterno nominato dalla Regione. Fuori i vecchi dirigenti a nomina comunale, dentro un tecnico che sia in grado di risollevare le sorti e le casse dell’istituto. Il nuovo dirigente, la dottoressa La Cognata al momento del suo insediamento ha subito presentato un piano di risanamento dei debiti. Oggi questo piano non è stato ancora attuato. Nel novembre scorso è stato nominato, dall’Assessore regionale alla famiglia e agli enti locali Nicola Leanza, il nuovo commissario straordinario, il marsalese Franco Mannone che ha subito messo le carte in tavola: ‹‹la situazione non è di certo rosea ma ritengo che ci siano margini sufficienti per venirne fuori››. Quali sono questi margini? Mannone, che ha già incontrato Carini, spera che l’Amministrazione blocchi o rateizzi il credito che vanta nei confronti dell’ente.
La situazione non è “rosea”. I contributi regionali promessi l’estate scorsa per gli istituti come il Giovanni XXIII tardano ad arrivare, semmai arriveranno. Intanto si profilano panorami per gli istituti siciliani volti sempre più alla privatizzazione. La situazione del Giovanni XXIII non è l’unica in Sicilia e in provincia di Trapani in particolare. Secondo la CGIL questi istituti sono sempre più dei carrozzoni politici che hanno perso il significato assistenziale originario.
Francesco Appari