Si sono infatti verifcati disordini nella periferia della capitale e la polizia ha fatto uso di lacrimogeni e sparato colpi di avvertimento in aria. A Ettadhamoun, località a 15 chilometri dal centro della capitale, la polizia avrebbe sparato ad altezza d'uomo e, secondo testimoni vi sarebbero morti e feriti. I dimostranti hanno anche appiccato il fuoco allo stabile che ospita gli uffici della municipalità e ad una banca. In tutta la città è stata interrotta l'erogazione dell'energia elettrica. La polizia, secondo le stesse fonti, ha bloccato tutte le vie di accesso e uscita dalla città. Mobilitato anche l'esercito.
Intanto rompendo un lungo silenzio sulla situazione dello stato nordafricano è intervenuto oggi il Dipartimento di Stato americano per esprimere preoccupazione riguardo all'"uso eccessivo della forza" da parte delle autorità tunisine contro i manifestanti. "Gli Usa sono profondamente preoccupati dai rapporti su un eccessivo uso della forza da parte del governo tunisino", ha detto il portavoce Mark Toner.
Stando alle ultime rivelazioni di un rappresentante del sindacato nazionale 'Ugtt', Sadok Mahmoudi, sarebbero oltre cinquanta le vittime degli
verificatisi negli ultimi tre giorni nell'area di Kasserine, nella regione centrale della Tunisia. Le cifre aggiornate del massacro sono state compilate attraverso i dati forniti da fonti mediche del principale ospedale della città epicentro della rivolta. In precedenza di almeno 35 persone uccise aveva parlato da Parigi il presidente della Federazione Internazionale per i Diritti Umani, Souhayr Belhassen. Decisamente meno drammatiche le informazioni fornite dal governo di Tunisi che due giorni fa aveva ammesso la morte di 14 persone e oggi parlato di 21 vittime nelle ultime 72 ore.
"Erano semplici cittadini disarmati che hanno trovato la morte sotto i colpi di tiratori scelti, io stessa ho visto dalla mia macchina che la polizia sparava direttamente sulle persone", ha raccontato l'avvocatessa Salma Abbasi. "Noi ci chiediamo chi ha dato l'ordine di sparare e chi alla polizia di ritirarsi: la polizia infatti ieri è stata presente per tutta la giornata degli scontri, e poi è improvvisamente scomparsa subito dopo la fine del discorso del presidente in tv", ha proseguito Abbasi. "Nella notte tra sabato e domenica a Thala sono state uccise nove persone - ha aggiunto Monia Bou Ali, un'altra testimone, pure avvocato - Otto di loro erano state colpite alla testa, al torace o al collo, il nono a una gamba. Ma per cinque ore è stato lasciato senza soccorsi in strada, perché a chi tentava di avvicinarsi veniva impedito, in quanto si diceva che era già morto".
Quello tunisino è un dramma collettivo, fatto di tanti drammi privati. Oggi un altro giovane si è tolto la vita: Allaa Hidouri, 23 anni, laureato e disoccupato si è ucciso salendo su un palo dell'elettricità per poi gettarsi sui cavi dell'alta tensione nella regione centrale di Sidi Bouzid, una di quelle in cui le proteste e la repressione sono più violente. Secondo un membro del sindacato insegnanti che ha dato la notizia all'agenzia France Presse, il giovane era stato ferito alle gambe durante le manifestazioni del 24 dicembre a Menzel Bouzaine, dove una persona era stata uccisa e diverse altre erano rimaste ferite.
Si tratta del quinto suicidio dal 17 dicembre, quando si era tolto la vita Mohamed Bouaziz, 26 anni, un ambulante che si era dato fuoco per protestare contro il sequestro dei prodotti agricoli che stava cercando di vendere senza la necessaria licenza. Quella morte aveva dato inizio alle dimostrazioni contro il carovita e contro il regime del presidente Zine al-Abidine Ben Ali. L'aumento dei prezzi del pane aveva fatto esplodere e anche di quella della vicina Algeria. Gli incidenti più cruenti si sono verificati però nello scorso fine settimana, specie nelle zone di Regueb, Thala e della stessa Kasserine.
Il giro di vite non sta interessando però solo gli strati più deboli della popolazione. Stando a quanto riferito dal sindacalista tunisino Naji al Baghuri alla tv araba al Jazeera, la polizia avrebbe circondato la sede del sindacato dei giornalisti a Tunisi. Secondo al Baghuri i poliziotti hanno avuto l'ordine di impedire ai cronisti di uscire dalla sede del sindacato per evitare che scendano in strada e manifestino contro il governo.
"Ci hanno circondati e ci impediscono di uscire - ha affermato - siamo circa un centinaio qui in sede e vogliamo manifestare contro le autorità che applicano la censura e ci impediscono di dare informazioni sulle proteste dei disoccupati". I giornalisti tunisini hanno proclamato uno sciopero in segno solidarietà con i disoccupati di Sidi Bouzid e delle altre città del paese nord africano.
Intanto, dopo le polemiche per il lungo silenzio di Parigi, oggi il portavoce del governo Francois Baroin, ha detto che "la Francia deplora le violenze che hanno fatto delle vittime in Tunisia. Solo il dialogo permetterà di superare i problemi economici e sociali del Paese". "Per quanto riguarda i blogger tunisini arrestati, non abbiamo informazioni precise a questo stadio - ha aggiunto Baroin - ma ricordiamo il nostro attaccamento alla libertà di espressione".